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Religiosità "Spicciola"?

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La vita di un frate non è mai lineare, programmatica, scontata, ma soggetta sempre a cambiamenti e imprevisti. Non esistono cariche a vita, lunghi stanziamenti, tranne rare eccezioni che non fanno che confermare la regola.

Se fino a poco tempo fa ero completamente immerso negli studi adesso mi ritrovo a fare il “commesso” in un negozio di articoli religiosi. Come potete facilmente immaginare, anche i frati devono trovare il modo di  procurarsi il necessario per vivere e, soprattutto, mantenere le strutture monumentali in cui vivono. Il luogo in cui sto lavorando in questi giorni serve finanziare le attività e il mantenimento di un antico monastero benedettino poi passato, per varie vicissitudini ai frati minori.

Il capoverso che segue è messo fra virgolette, capirete il motivo di questa scelta leggendo quello successivo.

Studiare anni filosofia e teologia produce naturalmente una forma di “snobismo” verso il tipo di devozioni legate ai piccoli oggetti che il nostro negozietto propone ai pellegrini in cambio delle loro offerte. Man mano che il nostro cammino di fede progredisce l'oggetto della fede diventa infatti sempre più chiaro e la via per ottenerlo più semplice e svincolata dai formalismi tipici di queste stratificazioni di natura antropologica”. 

Questo che ho appena esposto è il mio modo di pensare, anzi lo era, ma le cose non sono mai come appaiono, una qualsiasi realtà non può mai dirsi definitivamente conosciuta, un uomo che ama la conoscenza sa bene quanto sia vero il principio gnoseologico caro a Socrate: “sapere di non sapere”.
 
La mia affermazione è in realtà tanto vera quanto incompleta.  L'esperienza, l'impatto con la realtà, ha il potere di sconvolgere le nostre convinzioni, sempre che ci si apra a questa possibilità.

Gli occhi della gente, la domanda intima è forte che dimora nel profondo dello sguardo di chi si “arma” di questi oggetti o magari chiede una benedizione alla macchina, ha inciso in me qualcosa di nuovo. Il mondo della devozione popolare è i luogo dove le anime naufraghe cercano appiglio che, in questo senso, diventa così “Provvidenza”.

Ho incontrato gente delusa e amareggiata dalle vicissitudini della vita, persone disperate, perchè afflitte direttamente o meno dagli effetti di una terribile malattia. Mi hanno raccontato come a volte il volgere lo sguardo ad un oggetto che ricorda la presenza costante di Dio nella vita, può dare un grande sollievo. È anche vero che c’è chi affida la propria via spirituale a questi fragili appigli, che è come decidere di affrontare un viaggio in mare affidandosi ad un salvagente! 

Mi pare evidente come le due posizioni, estreme quanto erronee, che vedono da una parte il rifiuto radicale di questi mezzi e dall’altro il credere che tali pratiche possano bastare da sole ad esaurire le necessità della vita spirituale, siano la prova più efficace che questa dimensione della spiritualità vada collocata nella sua giusta dimensione, quella di una spiritualità che sta germogliando ed ha bisogno di cure e attenzioni da parte di chi può darne.

 

 

 

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