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Le 'tradizioni di Santa Maria' e il ricordo delle prime 'notti bianche' a Vasto

Incontro con Lino Spadaccini e Nicola D'Adamo in 'Suoni, colori e racconti di fede'

a cura della redazione
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Per la serie i “Martedì di S. Maria Maggiore: suoni, colori e racconti di fede”, ieri sera spazio a “Le tradizioni di Santa Maria” tra ricordi e curiosità storiche, con relatori Lino Spadaccini e Nicola D’Adamo del sito NoiVastesi.

Una serata che si potrebbe definire un autentico tuffo nel passato, una occasione unica per riscoprire le nostre tradizioni religiose e ricordare il nostro vissuto nella comunità parrocchiale. Spadaccini e D’Adamo hanno raccontato storie di persone che hanno lasciato “traccia” passando per la comunità di S. Maria Maggiore. Ma anche curiosità storiche molto particolari.

Hanno dato risposta al quesito come mai la cattedrale di Vasto è S.Giuseppe e non S.Maria, chiesa su cui esercitavano il “patronato” i d’Avalos, spiegando che le secolari controversie S. Maria-S. Pietro finirono con la soppressione delle due parrocchie nel 1809 e l’elevazione a cattedrale e parrocchia unica di S. Giuseppe. S. Maria Maggiore tornò ad essere parrocchia solo nel 1915.

E’ stata poi puntualizzata un’altra nota questione, il fatto che molti anziani vastesi affermano che il corpo di San Cesario da allungato si è messo seduto. In parte è vero, ma sicuramente non è stato visto da loro. Spadaccini ha portato documenti del ‘700 in cui si dice che  pochi anni prima il Santo era stato messo disteso nell’urna,  ma poi si alzò, per le cause più diverse. Quindi sono 300 anni che è nella stessa posizione, per l’ultimo secolo a conferma ci sono pure i santini d’epoca. 

Tra le altre curiosità, la tomba di Innigo D’Avalos nella navata di destra, morto nel 1632 e lì tumulato nel 1905. Spadaccini ha spiegato che il corpo imbalsamato era stato tumulato alla chiesa dell’Annunziata a Porta Nuova. Nel 1808, a seguito della soppressione di quel convento, il corpo venne traslato nei soffitti di S. Maria (forse della torre), dove  per un secolo è stato alla mercè dei ragazzi che eludendo la vigilanza del sagrestano, si divertivano a fare scherzi con il corpo de “lu Marchese vicchije”.

Parlando della festa dell’Assunta, fino al 1827 santo patrono, sono state riferite due curiosità. La prima è che “nella vicina Termoli era uso frequente inserire nei capitoli matrimoniali dei secoli XVIII e XIX l'obbligo per lo sposo di condurre tutti gli anni la futura moglie a vedere nel Vasto la Festa dell'Assunta!”. La seconda è che i nostri avi a ferragosto facevano la “notte bianca”: nel programma del 1841 alle 22 era prevista la corsa dei cavalli ed alle 2 di notte (alle 3 ora legale attuale)  era previsto l’incendio “al largo del Castello di una macchina artificiale, seguita da uno sparo nel campanile della chiesa”! 

Sono seguiti tanti altri accenni alla storia della comunità di S. Maria Maggiore ed alle sue feste religiose. Anche con un tuffo negli anni del dopoguerra quand’era parroco don Nicola Di Clemente, con foto dei ragazzi delle prima comunione, dell’azione cattolica, dei campeggi. Nicola D’Adamo, che si è formato in quegli anni iin questa chiesa, ha ricordato che la vita di giovani vastesi all’epoca ruotava attorno all’azione cattolica, sano ambiente che offriva valida formazione cristiana e sereno svago. 

In apertura e chiusura le note delle Messe del Lupacchino dal Vasto, sacerdote in S. Maria Maggiore nel  ‘500, poi diventato maestro di cappella a S. Giovanni in Laterano a Roma , compositore noto in tutta Italia, anche grazie al lavoro del M° Luigi Di Tullio che ha trascritto e pubblicato tutte le messe in due grandi volumi e poi fatto incidere dal Coro Histonium e altri cori italiani 4 cd con le belle melodie del Lupacchino.

Una serata estiva distensiva, seguita da un attento pubblico, che in conclusione il parroco don Domenico Spagnoli ha ringraziato sottolineando l’importanza di riscoprire anche il vissuto di una comunità.

Prossimo appuntamento il 23 luglio (ore 22)  con una visita guidata alla chiesa accompagnata da don Decio D'Angelo e Paolo Calvano.

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