Riceviamo e pubblichiamo dal consigliere regionale vastese Giuseppe Tagliente.
Venerdì 5 luglio si è svolto a Pescara un convegno annunciato con questo titolo: “La Destra vive e pensa al futuro”. Contrariamente alle previsioni dei malevoli, non è stato un appuntamento con la nostalgia e il rimpianto. Il rimpianto e il vano pascolo per un spirito disoccupato, diceva D’annunzio, e a raccogliere l’invito sono stati tanti amici che hanno voluto dar retta all’inquietudine che si portano dentro, all’insoddisfazione per il presente politico, alla voglia e al desiderio di infuturare un patrimonio morale, storico, politico che sembra condannato alla “damnatio memoriae” e all’oblio.
Intervenendo nel dibattito, egregiamente introdotto dall’amico Gennaro Malgieri, una delle menti più brillanti dell’area culturale della Destra, non ho avuto nessuna remora ad ammettere di aver creduto nel PdL, ritenendo che potesse rappresentare l’opportunità per costruire il grande partito degli italiani preconizzato da Almirante, Romualdi e Tatarella, ma di aver dovuto prendere purtroppo atto che esso non è in realtà mai nato.
Sulle ragioni del fallimento del progetto politico nato nel 2009, ho sostenuto che esse vanno individuate in questi perché:
- perché l’unione FI - AN è stata una fusione a freddo non accompagnata da un progetto politico ed ancora prima culturale (come invece avvenne nel momento della creazione di AN e di FI);
- perché sulla ricerca della identità di partito o di movimento e di un programma condiviso ha prevalso la logica del leaderismo che ha portato allo scontro tra i fondatori,Fini e Berlusconi;
- perché sono mancati i processi di partecipazione rivolti alla base ed all’elettorato di riferimento ed i metodi di selezione della classe dirigente, a livello locale e nazionale;
- perché le recenti affermazioni di Berlusconi riguardo all’intenzione di rifondare Forza Italia sono un’ammissione implicita dell’archiviazione del PdL.
Di fronte dunque al fallimento di questo esperimento, che significa in altri termini il divorzio dalla Destra politica, mi sono chiesto di conseguenza se ci siano spazi e condizioni per rimettere in campo un Movimento che intenda dare prospettiva e futuro al suo patrimonio ideale, morale, politico ed evitarne la diaspora. Alla domanda ho risposto con queste considerazioni. C’è, a mio avviso, uno spazio enorme da occupare in questo momento di disorientamento generale della politica e della società, ma a patto che gli uomini di destra sappiano uscire dall’isolamento nel quale sono stati sospinti a forza o si sono ristretti da soli; a patto che sappiano superare il clima di sospetto e di rivalità che immiserisce ed intristisce i loro ambienti e che sappiano convogliare tutte le loro energie verso l’obiettivo di trovare unità di vedute e soprattutto di scopi.
Ad altri è riuscito di farlo fuori d’Italia, a Marine Le Pen senza andare troppo lontano, la quale ha portato il suo Front National a schizzare negli ultimi sondaggi in vista delle prossime elezioni europee addirittura oltre lo stesso Partito Socialista, ma potrei parlare egualmente di David Cameron, il primo ministro inglese che è riuscito letteralmente a trasformare il Partito Conservatore.
C’è oltre tutto uno spazio per proposte e atteggiamenti riguardo alla sovranità politica e monetaria da ristabilire nel nostro Paese; per una concezione dell’Europa che non è quella della BCE né della Merkel; per un nuovo modello di sviluppo e di crescita solidale dell’Italia; per nuovi paradigmi di convivenza civile, sociale economica in un Paese che è cambiato e cambierà anche antropologicamente. C’è spazio per una Destra moderna, agganciata a questo tempo, popolare, sociale che non voglia più essere confusa nella melassa politica inconcludente che governa l’Italia per volere di Napolitano e della Finanza Internazionale.
C’è, agibilità, percorribilità, prospettiva futura per un movimento che sappia ricavare le ricette del suo divenire dalla grande tradizione culturale e politica di questa Nazione per estrarne una verità antica da porre a norma degli stati nuovi, come disse D’Annunzio a Pescara nel suo unico discorso da candidato al Parlamento, conosciuto come “Il discorso della Siepe”.
Dal mio punto di vista e da quello degli amici che hanno partecipato al convegno di Pescara, si può già anzi partire in questa direzione ed il primo passo sarà la creazione di una Costituente aperta a quanti siano animati da sentimenti non reducistici ma dal proposito di costruire una nuova casa comune dove non trovino asilo capi o capetti, ma diritto di cittadinanza e di decisione tutte le rappresentanze di gruppi, associazioni, movimenti civici, istanze culturali e del territorio che si rifanno ai valori ed alla tradizione della Destra e che vogliono tornare a contare ed a confrontarsi nello scenario politico sia abruzzese che nazionale.
L’obiettivo è ambizioso. Sono e siamo consapevoli che la méta, anche se non lontana, è difficile da raggiungere e che la navigazione sarà per lo più notturna ma, come dice Seneca: non c’è vento favorevole soltanto per chi non sa dove andare.