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NON SONO UNA SIGNORA

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C'era una volta una squadra che veniva considerata la Regina d'Italia, che ogni anno iniziava il campionato con un solo obiettivo in mente: vincere. Era una formazione sempre protagonista, che non si accontentava mai del secondo posto, e che divideva tutta la penisola tra chi la sosteneva e chi la odiava, senza via di mezzo. Questa squadra era la Juventus, la Vecchia Signora del calcio italiano. Era, appunto, perchè quella vista in campo in questi ultimi anni appare solo una brutta copia sbiadita di quella società vincente. Nell'estate del 2006 la Juve ha vissuto il momento più basso della sua storia, con la retrocessione in serie B e il rischio di radiazione per illecito sportivo. Da quel momento, l'unico obiettivo della società è stata una pronta rinascita, con la rifondazione dalle fondamenta, l'immediato ritorno nella massima serie e il raggiungimento di nuovi successi (in Italia e in Europa) nel giro di pochi anni. Ma se la promozione in serie A è giunta subito e senza eccessivi patemi, non altrettanto si può dire dei restanti obiettivi: dopo un terzo e un secondo posto illusori, la Juve è sprofondata in una profonda crisi di identità e di risultati, coincisi con una stagione di assoluto anonimato (settimo posto, fuori dalla Champions) e un'altra annata che si sta rivelando tutt'altro che memorabile. Il terremoto di Calciopoli, oltre a far sprofondare agli Inferi la squadra e nello sconforto i suoi tifosi, ha infatti obbligato la Juve a ricostruire quasi da zero la sua struttura societaria e la sua dirigenza, ed è proprio lì che sono nati i veri problemi. Coloro che dovevano sostituire e cancellare Luciano Moggi dalla mente dei tifosi stanno finendo quasi col farlo rimpiangere, perchè quelli che dovevano essere i grandi colpi di mercato per riportare tra i grandi la Signora si sono rivelati dei terribili boomerang; Secco è stato il primo a pagare per questi fallimenti, rassegnando le dimissioni, ma il suo sostituto Marotta non ha ancora convinto, nonostante la promessa di acquisti di livello per la prossima stagione. Quello del direttore sportivo, però, non è il solo ruolo dirigenziale che non ha convinto: è tutta la società che lascia perplessi per la sua programmazione poco chiara, per le tante promesse di successi non mantenute, per i troppi cambi di allenatore in pochi anni. Proprio l'allenatore è un altro dei grandi argomenti di discussione per i tifosi: nei quasi sei anni successivi a Calciopoli, la Juve ha già avuto ben cinque allenatori diversi (sei se consideriamo le poche panchine di Corradini in serie B, dopo le dimissioni di Deschamps), e il record di "longevità" appartiene a Ranieri, che ha resistito in panchina per quasi due stagioni prima di gettare la spugna; troppo poco per riuscire a creare qualcosa di concreto e dare continuità a qualsiasi progetto. La causa di questa eccessiva instabilità e dei troppi cambiamenti è probabilmente l'ossessiva ricerca di trofei, l'impazienza di fronte a risultati deludenti, l'assenza ormai quasi decennale di titoli per una squadra dal grande blasone come la Juve; non si è dato il giusto peso alla radicale e inaspettata retrocessione in B del 2006, allo sconvolgimento che questa ha causato, e la fretta di dimenticare tutto ha portato a tanti, troppi errori di gestione che ancora si manifestano in modo fin troppo evidente. La partita di sabato contro il Catania, con la beffa del pareggio subito al quinto minuto di recupero, è lo specchio della nuova Juve: poco solida mentalmente, intimidita dalla reazione caratteriale degli avversari, disattenta nella gestione di un vantaggio considerevole. Nonostante i tanti, troppi proclami di grandeur e di vittoria, la squadra appare ancora un cantiere aperto, con tanti giocatori che devono dimostrare il loro valore e i pochi punti fermi rimasti (Del Piero e Buffon) messi in dubbio dagli stessi dirigenti e ormai sconsolati di fronte a una situazione che non sembra migliorare. Senza un finale di stagione di buon livello, la Juve rischia di trovarsi l'anno prossimo fuori dalle coppe europee, con un grave danno d'immagine e soprattutto economico, perchè mancherebbero i soldi per un mercato adeguato e per avere quei giocatori di qualità che tutti invocano. Il tutto mentre in altre formazioni di serie A si mettono in mostra tanti elementi frettolosamente scartati da dirigenza e allenatori perchè ritenuti inadatti, come i vari Balzaretti, Nocerino, Criscito e Giovinco, solo per citarne alcuni. I tifosi attendono sconsolati l'ennesima rivoluzione d'agosto, sperando che finalmente alle parole seguano i fatti e che quello che sembra un terribile incubo si concluda al più presto. Il lavoro maggiore dovrà essere fatto sulla testa dei giocatori e dei dirigenti, affinchè la Juve smetta di ragionare come una provinciale e torni ad affrontare ogni partita con l'orgoglio e la determinazione che la caratterizzavano; se si ricostruirà la mentalità giusta, se i campioni torneranno a vestire la maglia bianconera, se lo scudetto sarà di nuovo il primo pensiero di tutti, allora la Vecchia Signora potrà tornare davvero tale. Del resto, come ha sempre sostenuto Giampiero Boniperti, storica bandiera e grande presidente della squadra, "alla Juventus vincere non è importante, è l'unica cosa che conta".
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