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LA VISITA DEL PAPA A L'AQUILA, DON LUIGI MARIA EPICOCO: "HA TRASFIGURATO IL NOSTRO DOLORE IN OPPORTUNITA', LA SPERANZA E' UN CANTIERE"

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Don Luigi Maria Epicoco è l'assistente della Federazione Universitaria Cattolica Italiana per L'Aquila e per l'Abruzzo. E' stato lui, mercoledì, a presentare, al cospetto del Santo Padre, gli studenti dell'ateneo aquilano che hanno avuto modo di incontrare e scambiare qualche battuta con Benedetto XVI nel corso della sua visita nella terra falcidiata dal drammatico terremoto dello scorso 6 aprile. Un incontro molto toccante, davanti alle macerie della Casa dello Studente, simbolo, tra i più tristi, di quanto tragicamente avveuto qualche settimana fa. Don Luigi a Vasto in molti hanno imparato a conoscerlo grazie ad alcune sue presenze su Trsp, l'emittente satellitare vastese d'ispirazione cristiana. Ha commentato, in diretta da L'Aquila, le ultime due edizioni della Perdonanza Celestiniana, altrettanto ha fatto in occasione di un Cammino interregionale di Fraternità, delle Confraternite di Abruzzo e Molise, ospitato proprio a L'Aquila. A Vasto è stato il celebrante di una delle Veglie Mariane tradizionalmente organizzate, il 13 agosto, all'Arena alle Grazie, dalla parrocchia di San Pietro retta da don Stellerino d'Anniballe. Ed è proprio don Luigi Maria Epicoco, originario di Mesagne e da anni trapiantato nel capoluogo abruzzese, peraltro segretario del vescovo della diocesi dell'Aquila, monsignor Giuseppe Molinari, a commentare la visita dell'altro giorno del Papa nella terra abruzzese colpita dal sisma. "'Hai trasformato il nostro lamento in danza'. Questo versetto dei Salmi - spiega il giovane sacerdote - è la descrizione poetica di quello che è accaduto a noi e alla nostra gente a L'Aquila, durante la visita del Papa. Abbiamo tutti sperimentato, nonostante gli occhi ancora gonfi di lacrime, che persino i pianti possono diventare fecondi quando qualcuno ti ricorda che non tutto è perduto se rimane la voglia, la decisione, la passione di voler ricominciare. Questo ha fatto per noi il Santo Padre. Ci ha confermati nella fede, ma soprattutto nella speranza. E' venuto a rialzare i muri caduti delle nostre certezze e dei nostri entusiasmi, e ci ha indicato direzioni più alte delle macerie che ci circondano. Si sa, quando si soffre, la sofferenza rischia di diventare totalizzante; l'unica chiave di lettura di tutta la storia. Ma chi ti vuole davvero bene non ti compiange, né ti abbandona, ma ti aiuta a ricordare, a guardare tutta la realtà, non solo quella che fa più rumore e più male. Così anche la pioggia silenziosa è diventata una benedizione, e quel sole nascosto dietro le nuvole l'ho visto risplendere sui volti della gente, della nostra gente. Fra i sorrisi rugosi degli anziani e le inquietudini dei bambini, tra gli occhi lucidi dei giovani e le mani strette dei superstiti. Il Papa è con noi. Il Papa non ha regalato scampoli di benedizioni, ma ci ha offerto una paternità forte su cui poggiare progetti di ricostruzione che non possono crescere orfani di amore. Solo quando qualcuno si sente amato riesce ad osare, a rischiare, a provare vie audaci di ripresa. E' questo Amore che abbiamo sperimentato tutti. Certe cose, però, non le puoi davvero raccontare, perché la parola tradisce l'esperienza. Puoi solo sperare che gli altri si fidino che ciò che hai vissuto non ha la durata di un'emozione ma il respiro di una vita diversa, migliore. Onna non è più solo la capitale di questo terremoto ma è l'avamposto da cui proclamare che è tempo di svegliarsi dai convenevoli della tragedia e che è pronta la primavera della gente, delle istituzioni, della Chiesa e di tutti gli uomini di buona volontà. Collemaggio non è più solo una Basilica caduta ma il cantiere di una Chiesa più grande di quel recinto che non ha bisogno solo di un tetto nuovo ma di fedeli nuovi, non più sonnecchianti fra i banchi ma pronti alle porte per portare nel mondo quella buona novella del perdono che il Santo Papa Celestino ha lasciato in quel luogo. La Casa dello Studente non è più soltanto il teatro macabro di chi ha visto tradito il proprio futuro ed è rimasto seppellito tra quelle mura. Ma è il promemoria per chi vorrà ricostruire, affinché l'ingegneria sia abitata non solo dai buoni calcoli ma da consapevoli coscienze che sanno riconoscere il valore della vita più grande di quello degli interessi. Questo ha fatto il successore di Pietro. Ha trasfigurato l'orrore in opportunità, "il nostro lamento in danza". Ora, però, non è più tempo di utopie ma di impegno. Da oggi la nostra speranza è un cantiere".
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