“Una strana macchina da pesca, tutta composta di tavole e di travi, simili ad un ragno colossale … La grande macchina pescatoria composta di tronchi scortecciati di assi e di gomene che biancheggiava singolarmente simile allo scheletro colossale di un anfibio antidiluviano … Il trabocco, quella grande ossatura biancastra protesta su la scogliera..forma irta e insidiosa in agguato perpetuo, pareva sovente contrastare la benignità della solitudine. Ai meriggi torridi e ai tramonti prendeva talora aspetti formidabili … fin negli scogli più lontani erano conficcati pali a sostegno dei cordami di rinforzo; innumerevoli assicelle erano inchiodate su per i tronchi a confortarne i punti deboli. La lunga lotta contro la furia del flutto pareva scritta su la gran carcassa per mezzo di quei nodi, di quei chiodi, di quegli ordigni. La macchina pareva di vivere di una vita propria, aveva un’aria e un’effige di corpo animato …”.
Così in quel che è stato definita l’opera letteraria più abruzzese di sempre, il “Trionfo della Morte”, Gabriele D’Annunzio descriveva e raccontava i trabocchi. Il Vate guardava verso Punta Turchino a San Vito Marina ma sono parole che celebravano e ammiravano ogni trabocco, tutte queste straordinarie macchine da pesca che la ricca storia della nostra costa ci ha consegnato. I territori non sono luoghi indefiniti ed indefinibile, amorfi ammassi di case, cemento e verde in cui monadi sopravvivono. Hanno un’anima, una storia, un’identità, tratti che la caratterizzano per chi ci vive (e non solo sopravvive) e nel mondo. La costa della provincia di Chieti, da Francavilla a San Salvo, è nota come la “Costa dei trabocchi” perché queste opere dell’ingegno umano “simili ad un ragno colossale” ne sono impronta indelebile sull’identità. “Cosa ci dicono infine questi trabocchi sorpresi nel loro lirico incanto?” la domanda posta da Dacia Maraini. “L’opera umana è sempre macchinosa e fragile, basta un soffio per distruggerla”. Una fragilità che, ammoniva la scrittrice” è “anche la ragione della sua resistenza: un poco sopra le onde, un poco sotto le nuvole, la grande macchina pescatoria sta a simbolizzare la patetica eppure grandiosa capacità dell’essere umano di credere nel futuro nonostante l’amarezza e la piccolezza del suo destino”.
Un destino sempre in divenire e mai fermo, mai immobile ed immutato. I trabocchi oggi non svolgono più la funzione avuta nei tempi andati e il domani potrebbe essere ancor diverso. Del futuro dei trabocchi si è tornato a parlare in questi mesi e settimane. A livello nazionale è forte e acceso il dibattito sul destino delle concessioni balneari che la direttiva europea Bolkestein, dal nome del suo proponente ai tempi della presidenza Prodi della Commissione Europea, destinerebbe a bandi di gara europea e al mercato internazionale. Un destino che potrebbe coinvolgere anche le concessioni sui trabocchi. Su questo l’allarme era stato lanciato dalla Provincia di Chieti già dieci anni fa, nei giorni scorsi è intervenuto il deputato abruzzese di Alternativa C’è e avvocato Andrea Colletti. Dopo la bocciatura della mozione presentata per tutelare i trabocchi, “uno dei simboli dell’Abruzzo, in considerazione del loro valore storico, sociale, culturale e turistico”, all’interno della “delicata questione Bolkestein” Colletti ha definito il governo “poco coraggioso” perché “continua a rimandare lasciando nell’incertezza gli operatori”. La mozione puntava ad impegnare il Governo “in un’ottica di omogeneità interpretativa e regolamentare a escludere dalla procedura di selezione di cui all’articolo 12 della direttiva 2006/123/CE e articolo 16 del decreto legislativo n. 59 del 2010, i trabocchi, compresi quelli da molo, i caliscendi e i bilancini siti sulla costa e sui porti, se tutelati o valorizzati da leggi regionali, positivizzando l’applicazione del regime derogatorio previsto dal considerando n. 40 della suddetta direttiva alle strutture innanzi dette, stante la sussistenza di ragioni d’interesse generale e necessità, a tutela, salvaguardia e conservazione delle stesse atteso l’esiguo numero e la riconosciuta espressione di valori sociali e culturali di un territorio”. Sui trabocchi, sottolinea il deputato abruzzese, può trovare “applicazione il regime derogatorio ammesso nel considerando n. 40 della Direttiva 123/2006, sussistendo motivi imperativi d’interesse generale e di necessità dettati dal regime di tutela, salvaguardia e conservazione della specificità e dell’esiguo numero dei trabocchi esistenti, con il divieto di nuove costruzioni, idoneo a garantire che la realizzazione dell’obiettivo perseguito non vada oltre quanto necessario al raggiungimento dello stesso, rappresentato dalla tutela e valorizzazione della specificità dei manufatti, tipici e caratterizzanti l’identità dei luoghi e dell’ingegno locale, come espressione di antichi valori sociali e culturali, con finalità di conservazione del patrimonio nazionale storico e tradizionale”.
In occasione dell’ultimo consiglio comunale di Vasto si è tornato a discutere della disciplina dei trabocchi. Uno dei punti su cui si sono concentrati attenzione e dibattito è la questione dei possibili ampliamenti, per motivi legati alle regole di contenimento della pandemia e della gestione sanitaria degli stessi, delle superfici. Attualmente non si possono superare i 130 metri quadrati ma, durante il dibattito in occasione dell’approvazione di alcuni correttivi su indicazioni del SIAN della ASL su criticità degli scarichi e utilizzo di “fiamme libere”, è emersa la volontà di proporre ampliamento della dimensione massima consentibile. Un fronte favorevole che va da “Futuro e Sviluppo per Vasto”, di cui è espressione anche la vicesindaca Felicia Fioravante, ai consiglieri di opposizione Vincenzo Suriani e Guido Giangiacomo. Che durante il consiglio hanno chiesto più volte la motivazione della considerazione sulle due criticità segnalate dalla ASL affrontate e non la terza, sulle dimensioni appunto. Sul valore storico e culturale dei trabocchi punta il comunicato di Forum Civico Ecologista, Cai, Arci, Italia Nostra, Unesco e Gruppo Fratino. “Un ulteriore aumento” porterebbe alla “definitiva scomparsa di quello che rappresenta il patrimonio culturale e collettivo da salvaguardare” scrivono i referenti dei sodalizi. Che affermano di non essere contrari ad “un turismo responsabile e consapevole, ma va scongiurato il pericolo di soggiogare il trascorso storico e culturale di un territorio alle richieste di pochi imprenditori”. “Bisogna infatti creare una economia di qualità attraverso quei commercianti che non possono essere lasciati indietro per favorire invece la creazione di un circuito che si apre e si chiude sulla Via Verde” che “dovrebbe servire a portare le persone a conoscere le bellezze presenti in città e nell’entroterra, e non portare la città e l’entroterra sulla Via Verde”. Le associazioni chiedono quindi di evitare ulteriori aumenti “per non perdere in maniera definitiva un patrimonio paesaggistico che è parte di un intero territorio e che trova tutela nel diritto costituzionale”.