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La tragedia di Rigopiano: «Hotel travolto in 90 secondi »

La valanga a 100 km orari

Redazione
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Mentre riprende al tribunale di Pescara l'udienza preliminare contro i 30 imputati dei due filoni principali della tragedia di Rigopiano, è stata pubblicata sulla rivista Scientific Reports, la ricerca dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Politecnico di Torino, Istituto svizzero Wsl e Università di Monaco, pubblicata. 

Sono bastati scarsi due minuti, come tre terremoti, il 18 gennaio 2017 a causare dal Monte Siella, 2.027 m. sul versante orientale del Gran Sasso, la valanga che ha sommerso l’Hotel Rigopiano, 80 metri più a valle. La massa di neve si è infilata in uno stretto canyon incontrato lungo il vallone, che l'ha indirizzata verso 29 vite innocenti, e poi in coincidenza con un paio di cambi di pendenza. Tutto ha concorso ad amplificare la potenza della massa di neve, giunta ad impattare l'edificio dell'albergo alla velocità di 28 metri al secondo, i circa cento chilometri orari che hanno determinato il collasso della struttura.

La valanga, secondo il pool di ricercatori, si è messa in movimento alle 16.41.59; scendendo a valle per quasi due chilometri e mezzo è entrata in un canyon, ha affrontato due cambi di pendenza e alle 16.43.20 ha travolto l'hotel.Sono questi dati preziosi, con il terzo anniversario della tragedia ormai in vista e un processo che stenta a entrare nel vivo.

Interessante scoprire che alla ricostruzione cronologica si è giunti incrociando la testimonianza oculare dei due superstiti che si trovavano all'esterno dell'edificio, il manutentore e un ospite che era andato a prendere delle medicine in macchina, con la cronologia delle richieste di aiuto telefoniche, uno dei tanti terreni di scontro in sede processuale. Alle 16.30 è avvenuta l'ultima chiamata dall'hotel e alle 16.54 c'è stato un tentativo di invio di un messaggio WhatsApp. 

 Â«Di qui - spiega Thomas Braun, ricercatore dell'Ingv - la prima possibilità di restringere la finestra temporale a 24 minuti. Successivamente abbiamo cercato dei segnali sismici ipoteticamente generati dalla valanga. Quel giorno eravamo nel pieno della sequenza sismica dell'Italia centrale, con epicentri a circa 45 chilometri a ovest di Rigopiano. È così che abbiamo notato che la stazione Gigs, posizionata sotto il Gran Sasso, aveva registrato un segnale anomalo nei 24 minuti identificati come finestra temporale del distacco della valanga». La ricerca si è concentrata quindi sulla provenienza del segnale, fino a individuare le tre fasi sismiche attivate dalla valanga in corrispondenza di particolari caratteristiche del tracciato. 

Giustizia e scienza proseguiranno adesso in direzioni opposte. La prima calando la millimetrica cronologia della sciagura nel quadro delle certezze processuali acquisite, l'altra ponendo una domanda cruciale per la sorte delle terre mobili del nostro appennino. «Applicando questa metodologia multidisciplinare - spiegano gli autori della ricerca Seismic signature of the deadly snow avalanche of January 18, 2017, at Rigopiano - si può quindi immaginare un potenziale uso della rete di stazioni sismiche, appositamente configurata per i territori montani, per monitorare valanghe in luoghi remoti e impervi, utile per una più completa comprensione del fenomeno».

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