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Arte ed evangelizzazione

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Che cos è l’arte (quella vera) se non uno degli strumenti comunicativi più potenti che l’uomo possegga? Essa non è altro che il mezzo attraverso cui l’uomo tenta di esprimere ciò che al linguaggio ordinario resta precluso: I sentimenti e le esperienze che abitano i luoghi più nascosti della nostra intimità. Fra le cose che ci distinguono dalle altre specie viventi c’è proprio il linguaggio artistico. Fra gli elementi che testimoniano la nostra somiglianza a Dio c’è la nostra creatività. Chi non resta stupefatto dalle immagini potenti a cui la fantasia dei bambini può dar forma?
 

Penso che se dovessi enumerare i Santi di ribadita fama artistica uscirei senz’altro fuori tema,
ma suppongo sia certo che fra questi,  quello che più di tutti ha inciso nella nostra particolare cultura, è senz’altro San Francesco. Tutti sapranno infatti che le antologie storiche riportano fra i primi documenti testimoni della lingua italiana il celebre Cantico delle creature.

    La storia del santo assisiense è costellata di tracce che avallano quello che affermo nel titolo di questo articolo. Già dalla sua giovane  età egli mostrava amore per il canto ( cosa che avrà certamente contribuito a dargli il titolo di principe delle feste) e senz’ altro il suo successo di mercante era dovuto dall’ ottimo gusto unito alla sua capacità di saper intuire i desideri dei suoi acquirenti e le tendenze estetiche dell’ epoca.

Anche se riguardo alla sensibilità innata di Francesco le fonti sono discordanti[1], certamente possiamo affermare che con la conversione la sua idea di    bellezza cambia radicalmente. Ciò da cui sarà inesorabilmente sedotto non sarà più il lusso o la prospettiva di successo sociale ma lo splendore eterno del messaggio evangelico. Come afferma egli stesso nel Testamento[2] prima la vista dei lebbrosi suscitava in lui paura e ribrezzo dopo l’avvio del suo cammino di conversione diventava l’occasione per incontrarsi con l’oggetto del suo inestinguibile amore: Gesù Cristo. L’ideale estetico che seguirà sarà quello proposto dal Vangelo che riconosce ciò che vale la dove gli uomini non vedono che insensatezza.

Tu sei bellezza” dirà Francesco nelle sue “Lodi all’ Altissimo” ed è per il suo essere attratto da questo diverso splendore che verrà sublimemente affascinato dall’ icona di san Damiano[3] la quale, dopo quasi 1000 anni di esistenza, non finisce suscitare stupore e ammirazione attraverso il suo oggettivo valore artistico e i profondi messaggi che racchiude nella ricca simbologia.

Uno degli elementi caratterizzanti della spiritualità di Francesco è la creatività, le fonti ci narrano come nei momenti in cui  il suo spirito era particolarmente rapito dalla bellezza del Mistero cantasse in Francese (che conosceva sia in quanto lingua originaria della madre che per un suo probabile amore per le canzoni in quella lingua) ciò che lo spirito gli suggeriva.[4]

   Francesco ha sempre creduto nel potere comunicativo dell’ arte e ha intuito subito che essa sarebbe stata un’ alleata preziosa nella sua missione. Il santo non terrà per se nessuno dei talenti che il Signore gli ha affidato, la forza irresistibile dello Spirito diventerà una vera e propria fonte inesauribile di energia che alimenterà il suo sorprendente genio creativo oramai totalmente a servizio della causa evangelica.

Questo non era certamente uno stile che riservava a se stesso: le fonti ci narrano di come, dopo aver composto una melodia per il suo Cantico, avesse incaricato frate Pacifico (detto re dei versi) di cantarlo per le piazze dei paesi dove, insieme ad altri confratelli, si recava a predicare la buona novella. [5] Un altro esempio di questa sua convinzione possiamo trovarla nell’ episodio del presepe di Greccio, evento che contribuì a creare una grande tradizione che perdura floridamente  ai giorni nostri.

Non dimentichiamo gli estrosi espedienti che il santo inventava sia per scuotere le coscienze dei suoi frati, sia per vincere le tentazioni che lo tormentavano, questi esempi abbondano nelle biografie di Francesco e in special modo nei Fioretti.  

Francesco scriveva, componeva, inventava e questo, inevitabilmente lo portava al centro dell’ attenzione, certamente le motivazioni che lo spingevano erano ben lontane dal puro esibizionismo, il santo era mosso dall’ irresistibile richiamo dell’ amato che lo spingeva a spendersi per la sua causa. Questo gli dava la forza di superare la paura dell’ esporsi evitando cosi la sottile tentazione della falsa umiltà.

Questo modesto contributo non vuol essere che uno stimolo alla riflessione su un argomento che meriterebbe molta più attenzione. Ancora oggi numerosi frati del ordine confermano, con la loro vita, la nostra naturale propensione per questa particolare strategia d’evangelizzazione. D’altronde se l’arte è fra i più potenti mezzi comunicativi perché non metterla a servizio del Vangelo?

 

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