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L'addio a 'don Camillo'

Un ricordo del notaio Litterio, presidente nel ritorno della Pro Vasto tra i professionisti

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Queste mie considerazioni faranno discutere, lo so. E sono fiero che sia così.

Intendo tributare il più caloroso dei saluti al notaio Camillo Litterio ed estendere le condoglianze alla famiglia, anche a nome dei tantissimi tifosi che oggi mi hanno chiesto di lui.

L’incredulità di fronte ad una scomparsa poco comune finisce sempre per stupire. Di un uomo molto poco comune, con tutte le sue contraddizioni, le sue mille vicissitudini d’ogni ordine e grado. Un professionista atipico, semplice, alla mano. Pane al pane, vino al vino. Senza giri di parole.

Cerù, te lo dico chiaro chiaro. Se mi votate e vinco porto la Pro Vasto in serie B, sennò me ne vado”, mi disse nel pre partita dell’anticipo serale contro il Giugliano, all’Aragona, match decisivo per fare l’ultimo assalto ai play off e terminato a reti bianche. Detto, fatto. Senza polemiche e chiacchiericci. Con tanta rabbia.

Purtroppo non riusciva a convincersi che i voti della tifoseria non erano affatto sufficienti per essere eletto consigliere regionale (2005). Cercai di farglielo capire in ogni modo, con tanti esempi, conti alla mano carta e penna sulla sua scrivania. Il vento cominciava a soffiare a sinistra con insistenza. Coletti in Provincia l’anno prima, un carico da novanta come Ottaviano Del Turco da affrontare per la carica di governatore. Troppi competitor vaccinati e scafati tra Vasto e San Salvo.

Ma ji so lu Prisidente di la Pro Vasto…”, ogni volta il discorso finiva così e con i paragoni sui precedenti prosperiani. E non c’era verso di fargli capire che se la Dc prendeva il 60% fisso, vuol dire che anche allo stadio la percentuale era quella e non perché Tonino Prospero prestasse amicizia esterna alla società sia in veste di sindaco che di tifoso.

Negli ultimi dieci anni ha vissuto l’inferno. Un incidente mortale ed il conseguente processo, diverse disavventure giudiziarie legate alla sua professione, un attentato al palazzo in cui risiede la famiglia che poteva essere un’autentica strage. Eppure c’è voluto il Re dei mali dell’ultimo trentennio per portarlo via. So che qualcuno, leggendo, penserà cose del tipo: “E’ il minimo che si fosse meritato”.

Inutile fare gli ipocriti e nascondercelo, perché è così. Di nemici ne aveva, e non pochi.

Legatissimo alle sue radici, lasciate oltre sessant’anni fa, sapeva essere duro come i tempi dei primi anni di vita all’interno di una famiglia numerosa, difficile da sradicare “Gne li cerche di Castiglione” sulle sue posizioni. E sapeva non farsi scrupoli quando gli saliva la tramontana. Lo so sulla mia pelle. Quando lasciai il ruolo di addetto stampa, in conseguenza delle dimissioni di Mimmo Giacomarro (era stato lui a volermi) dalla panchina biancorossa, ci rimase male. Lo prese come un affronto personale, come se io avessi scelto l’allenatore di fuori e non lui, Il Presidente!

Era nuovo di calcio, ma certe cose sono sicuro che non le avrebbe mai voluto capire. Sempre i principi, prima, ma i suoi e non quelli – come dire – di categoria, di appartenenza. Solo tre anni dopo mi mandò segnali distensivi attraverso il direttore sportivo di allora Pino De Filippis, e tanti tanti messaggi di disapprovazione nei miei confronti. Appuntamento in ufficio alle 18.30, dove arrivai al solito puntuale. Quasi cacciò il cliente che aveva dentro, mi regalò un paio di scarpe e mi disse: “Cammina sempre dritto per la tua strada, tu te lo puoi permettere”. Non lo avrebbe fatto nessuno, o meglio, quelle parole non le avrebbe mai pronunciato nessuno. Posso affermarlo in certezza per essermi trovato tante volte nella medesima situazione.

Era questo Don Camillo Litterio, prendere o lasciare.

L’unico Presidente della storia del calcio mondiale ad aver disputato la prima di campionato in serie D e la… seconda, nella prima di serie C2! E il Pro Vasto, ovviamente, l’unica squadra ad aver vissuto un’esperienza unica. Dai ragazzini della Berretti contro il Venafro a Marconato, Maury, Ciano, Cazzola, Di Meo, Braca, Campanile, Bruno, Muratore, Marziano, Di Corcia. 5 a 3 contro lo Juve Stabia davanti ad oltre 4000 spettatori ed una cornice di pubblico a dir poco favolosa nelle due curve. Sembrava essere il nuovo Pro Vasto di Romano Malavolta e Giuliano Fiorini, entrambi scomparsi ancora giovani pochi anni dopo. Una storia da romanzo, tra giochi giochini e doppi giochi, di amicizie tradite. Uno scenario in cui il Notaio visse mesi di basso profilo strategico. Sembrava non restargli altro che il cappellino da agitare all’ingresso in campo, accolto di volta in volta da applausi meno scroscianti, oscurato dalle stelle degli indigeni con il pedigree giunte in città apparentemente con propositi ambiziosi, ma la realtà era un’altra e resti dov’è, ora che non c’è più nessuno dei protagonisti.

Ma con l’arrivo del generale inverno Don Camillo si ricuce sul petto i gradi Comandante, sostituisce la fidejussione fatta da Malavolta con una sua garanzia e si riprende società e palcoscenico in un colpo solo, lasciando di sasso colui che all’epoca era il presidentissimo del Teramo, mentre l’ex bomber di Bologna e Lazio, Giuliano Fiorini, comincia ad accusare i primis eri problemi di salute.

Si, forse ci vorrebbe un libro per raccontare i cinque anni tra i più belli della storia del calcio vastese, in cui il fior fiore dei giocatori faceva carte false per venire ad indossare i colori biancorossi. Ora,invece, farebbero carte false per vedere qualche euro…

Addio Presidè, il tuo cappellino sventolerà per sempre nei nostri ricordi, il tuo entusiasmo forse non avrà mai pari. 

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