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IL TOUR DI CADEL EVANS

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Il Tour nelle mani di Cadel Evans che non sta nella gioia una volta salito sul palco finale, lo scatto pungente di Alberto Contador e i fratelli Schleck a cui è mancato lo spunto finale chiudono uno dei Tour più strani degli ultimi anni. Un Tour segnato dalle cadute, qualcuna anche grave, su tutte quella che ha messo fine alla carriera di Alexander Vinokurov, ci mancherà non vederlo più battagliare con i primi con quel suo stile fatto di potenza e dedizione alla bici. Le montagne hanno fatto la selezione lanciando fino all’ultimo uno scatenato Thomas Voeckler che venuto fuori dal nulla ha tinto di giallo le strade francesi, sicuramente è il vincitore morale di questa edizione con i suoi 10 giorni in Maglia Gialla. Lo hanno acclamato in molti e tutti alla fine pensavano in una sua vittoria ma la sorte unita ad una maturità ciclistica indiscutibile ha premiato l’australiano Evans portacolori della BMC. Per gli amanti dei numeri diciamo subito che la media di Cadel Evans quest'anno è stata di 39,788 km/h. Lontano dal record di Lance Armstrong del 2005 che aveva corso il Tour a 41,654 km/h. Nel 2009, Alberto Contador aveva fatto una media di 40,315 km/h, nel 1998 Marco Pantani di 39,983 km/h. Non solo. Non ci sono state grosse battaglie in montagna come nel 2010: Niente scalata del Tourmalet come nel 2010, che Andy Schleck e Alberto Contador divorarono ad una potenza di 5,65 watt/kg. Gli esperti hanno calcolato che quest'anno Contador ha scalato l'Alpe d'Huez con 5,39 w, mentre Floyd Landis e Andreas Kloden nel 2006 avevano raggiunto i 5,7 w. Il limite fisiologico va fissato a circa 5,5 w per sforzi di questo tipo, numeri da capogiro che tutti i favoriti di quest'anno, compreso Andy Schelck nell'impresa sul Galibier, non hanno raggiunto e sono rimasti molto al di sotto, la selezione in montagna ha sorriso anche a Thor Hushowd, il campione del mondo ha comunque retto il confronto con uomii più adatti alle asperità. Bisogna considerare anche chi come Alberto Contador era reduce da una brutta caduta che aveva allarmato la Saxo Bank per un problema al ginocchio e di ritorno dal Giro D’Italia ha accusato una stanchezza assai comprensibile se si ricalcolano le altimetrie del Giro, in fondo per quanto d’acciaio si tratta sempre di uomini. E per chiudere la questione vincitore ad Evans va riconosciuto che un’impresa del genere a 34 anni è meritevole di lode, è piaciuto il suo modo di lavorare serio e discreto aspettando i momenti più favorevoli per arrivare alla vittoria, come a voler dire che il lavoro specie in silenzio paga. La grande pecca di questo giro è invece l’organizzazione: i francesi sono stati pessimi nella composizione del calendario dando subito risalto ai velocisti e tagliandoli fuori molto presto. Scarsa la sistemazione dei percorsi: prima le buche sul manto stradale che proprio non si potevano evitare e poi passaggi in cittadine che per un Tour e per tutto il gruppo che si muoveva sembrava più un vero e proprio campo minato che un percorso di gara, spartitraffico pericolosi e rotatorie insidiosissime. Se a questo ci uniamo qualche difficoltà tecnica della Tv francese che per fare il proprio mestiere abbatte Flecha e Hoogerland, loro che sin ad allora stavano impostando una raffinata manovra di fuga e che avrebbe potuto portare ad un finale spettacolare e che mai vedremo. Peccano i francesi nel dare la colpa ai corridori per le troppe cadute. Francamente se questa è la corsa più importante, almeno secondo loro, allora proprio non arriviamo alla sufficienza neanche sforzandoci. Forse un punticino a favore del Tour si può trovare nei pochi casi di doping venuti fuori almeno durante la corsa, il che renderebbe ragione del fatto che comunque si è cercata l’inversione di tendenza verso un ciclismo più pulito.
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