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Lo sguardo lontano

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Ogni volta la lontananza di quello sguardo mi trapassava, sgradevole: una improvvisa carezza di gelo invernale. Eppure non cercavo di allontanarla. Dopotutto quel freddo era fatto di dolore e non era che un grido di guerra, quello che lancia chi pur senza speranza decide di combattere e trovare una fine onorevole.

Lasciai che quella ondata trovasse un varco fra le fortezze della mia indifferenza permisi a quel dolore di appartenermi. Cominciai come lei a scrutare senza guardare ed aspettare senza fermarmi. Quando finalmente capii che ero di fronte ad un’anima eroica, un senso di riverenza e rispetto prevalse nella ressa delle emozioni che sgomitavano per prendere le redini del mio pensiero.

 Intanto valutavo l’oracolo delle mie intuizioni, continuamente ritornavo a quella che si era affacciata per prima:  trascinava con se il peso di una terribile colpa che apparteneva solo in piccola parte a lei. Parlammo. Mi feci coraggio, le dissi dell’ombra che attentava al suo sguardo limpido. Cominciò a raccontarsi,  le sue piaghe mi furono svelate e vacillai. Raccolsi le forze e sorrisi le dissi delle mie notti gli accennai della mia alba, di come a volte ho visto fuggire le tenebre

Non so perchè violai il tempio del suo silenzio e ancora di meno non riuscivo a capire il motivo dei suoi continui ringraziamenti. Solo adesso capisco che qualcuno era con me ed era riuscito trarre dai miei deboli  e sgraziati balbettii un balsamo sanante.
 
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