Partecipa a Histonium.net

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

Viola Di Grado, la nuova voce del 'silenzio che grida'

Terzo appuntamento dei 'Giovedì Rossettiani 2012' alla Pinacoteca di Palazzo d'Avalos

Condividi su:
Ad incontrarla per strada, potrebbe sembrare una delle tante giovani ragazze con quel portamento un po' emo che dice: "Sono in lutto, perché ancora viva", incollate a una sorta di aberrante personalizzazione esistenzialista, nella quale 'La nausea' di Sartre passa direttamente al vomito e la creatività si fa dispetto a cavallo di un confine non sempre chiaro tra moda ed espressività personale. Ma bastano poche righe del suo 'Settanta acrilico trenta lana' per capire che c'è molto di più in Viola Di Grado, giovane scrittrice rivelazione del Premio Campiello, scelta da e/o, editore di Jean-Calude Izzo, Massimo Carlotto e altri grandi maestri del 'male di vivere'. L'autrice si è sommessamente concessa al nutrito pubblico della Pinacoteca di Palazzo d'Avalos per il terzo appuntamento dei 'Giovedì Rossettiani'; a dialogare con lei, il professor Domenico Scarpa dell'Università di Napoli, mentre l'attrice e doppiatrice Mariaelena Fresu ha prestato la propria interpretazione per "dar voce" al silenzio del dolore e al dolore nel silenzio della giovane protagonista del romanzo. È lo stesso professor Scarpa che spiega quel 'qualcosa in più': "Questo romanzo sembra scritto in una lingua nuova e questo è il più grande complimento che si possa fare a uno scrittore. È una lingua che non conoscevo, ma di immediata comprensione, grazie all'ottimo utilizzo di immagini forti e metafore continue che rendono il testo estremamente ricco dal punto di vista linguistico". La stessa autrice ha poi esposto i "tre livelli" che caratterizzano i linguaggi della sua opera: "Il primo è quello del silenzio che si instaura tra madre e figlia a seguito di un dramma", attraverso una efficace comunicazione "post-linguistica" di sguardi; "il secondo è il linguaggio dei vestiti deformi" ai quali la giovane protagonista si dedica in una ricerca quasi 'terapeutica', mentre "il terzo è ugualmente legato ai vestiti ed è fatto di squarci e tagli". Un'opera, quindi, che affronta quello che - parafrasando Montale - potremmo chiamare 'male di vivere', con un linguaggio ricco, complesso e violento che fa dimenticare immediatamente la giovane età anagrafica dell'autrice.
Condividi su:

Seguici su Facebook