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C'era una volta la Biomedis Vasto: l'argento di Ettore Marcovecchio viene da lontano

Affondano le radici in un 'miracolo sportivo' le fortune olimpiche e non solo del tecnico vastese

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C’era una volta la Biomedis Vasto.

Affondano le radici in quel miracolo sportivo le fortune olimpiche di mastro Ettore Marcovecchio, il compare per gli amici, il tecnico che, a Rio, al ristorante La Zingara ha mangiato solo pizza, per scaramanzia, fino alla finale di beach volley persa da Paolone Nicolai e Daniele Lupo.

In municipio, questa volta, non hanno perso tempo, sindaco e amministratori, a tributargli il sacrosanto riconoscimento.

A Ettore, certo, ma anche a Maria Luisa Checchia, con Caterina De Marinis l’erede della panca che, nel volley indoor e sulla sabbia, fa crescere atlete forti e appassionate. Come Claudia Scampoli e Giada Russo.

Era la seconda metà dei ruggenti anni ’80 quando Peppino Bosco, una cicca dietro l’altra, vedeva crescere e consolidarsi la sua creatura. Ottimista, sempre, il presidentissimo e certo che Ettore ce l’avrebbe fatta a tirar su una nidiata di pallavoliste da ricordare. Rude, da capricorno autentico, Marcovecchio ha allevato generazioni di giocatrici, impossibili citarle tutte: Caterina, il suo martello, temutissima sui campi di tutta Italia, Angela Reale, la palleggiatrice, sacrificio e applicazione, Cristiana Parenzan, fantasia e riflessi d’acciaio. Le colonne di un sestetto che, fino al traguardo massimo della A2, ha fatto impazzire di gioia il pubblico del Magistrale, la palestra che ribolliva di passione, un campionato dietro l’altro, fino agli anni ‘90.

Compresa l’esperienza napoletana, Ettore ha accumulato un bagaglio d’esperienza enorme, fino a scoprire la pallavolo da spiaggia. Meritava l’oro, per attaccamento al lavoro e competenza, l’ha solo accarezzato. Adesso, alla soglia degli Anta, Marcovecchio si è fatto d’argento nello staff azzurro.

A Tokyo, ne sono convinto, farà ancora la parte del leone.

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