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Frittate, fiadoni, cavalli e pupe: Pasqua a tavola con tante bontà

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Se Villa Santa Maria è considerata la patria dei cuochi famosi in tutto il mondo, la gastronomia popolare, quella non meno rinomata di casa nostra, attende sempre d'essere conosciuta e consacrata sulle tavole italiane.

Anche se molti tentativi sono stati compiuti per codificarla non è stato ancora redatto un ricettario completo di quelle che sono le specialità gastronomiche per cui la terra d'Abruzzo può dirsi giustamente fiera.

All'inventiva personale è lasciata la preparazione di talune pietanze, sicché le "varianti" che le contraddistinguono rappresentano altrettanti episodi eccellenti per poter apprezzare e gustare le prelibatezze di taluni piatti tipici
locali.

D'altronde, la "genialità" gastronomica abruzzese è legata anche al ciclo culturale che si rinnova di zona in zona, con variazioni, a seconda della località.

Prendiamo, ad esempio, il periodo che va dal Carnevale alla Pasqua per scoprire quanta inventiva lega la varia gastronomia abruzzese. Tradizionalmente, il pasto preferito dagli abruzzesi è costituito dai maccheroni conditi dal sugo e imbiancati con il formaggio. Il sugo spesso è ricavato con l'aggiunta di "pallótte" (polpette) confezionate con polpa di carne di maiale. La pasta è quella fatta in casa con la "chitarra", arnese tipico esclusivo, una specie di maccheronaio costituito da un telaio di legno con le corde d'acciaio tese a due estremità su cui si posa la sfoglia. Sulla sfoglia si fa scivolare (in dialetto: "carrare") il mattarello ("lu cannèlle de la sagne" ) ed ecco che le strisce di pasta sono belle e pronte. Spesso, e sono i preferiti, si confezionano maccheroni tutt'uova, cioè fatti con fiore di farina e uova, senza acqua. I buongustai sanno bene quanta delizia provano nel mangiarli abbondantemente conditi con parmigiano.

E chi non ha mai assaggia to "li maccarune àjje e ujje", o con la cipolla, arrossati dalla polvere di peperoncino piccante?

A seconda del tipo di pasta, il vocabolario gastronomico nostrano si arricchisce di etimi singolari come "sagne", " sagnòne", "gnucculone"... e via mangiando.

Questo discorso varia, naturalmente, per il periodo che precede il Carnevale. Ma l'astinenza quaresimale (niente paura) viene interrotta dalla festa di san Giuseppe, celebrata in casa con dovizia di cibi e con rituali dolciumi, detti "zéppele", confezionati con fiore di farina impastata con acqua bollente e, dopo essere stati fritti, spalmati con zucchero e ricoperti di miele (con crema nella versione moderna).

L'attesa maggiore, però, è rivolta all'avvento pasquale, vera cuccagna dei bambini.

Un tempo venivano preparati ogni sorta di dolciumi con forme diverse: "cavallo", "agnello", "pupa" che, invariabilmente portavano un uovo sodo fermato da filetti di pasta.

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Foto da thespadanos.it
 

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