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«Una rivoluzione copernicana ricostruttiva e riparativa»

Convegno sulla giustizia riparativa organizzato dal Club per l’Unesco di Vasto

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«Uno dei pochi atti rivoluzionari avvenuti in Italia negli ultimi decenni», così la presidente del Club Unesco di Vasto Bianca Campli ha definito, introducendo i relatori, l’istituto della giustizia riparativa introdotto nell’ordinamento italiano dalla riforma Cartabia

Ci sono stati, nella storia italiana e mondiale, atti di giustizia riparativa, ma è la prima volta che viene codificato in una legge. A livello mondiale si può ricordare cosa accadde dopo la liberazione di Nelson Mandela e la fine dell’apartheid in Sud Africa. In Italia ci sono stati incontri tra familiari di vittime del terrorismo ed ex terroristi o esperienze di vita come quella di Luciana Di Mauro, che perdonò uno dei ragazzi condannati per aver ucciso il marito accompagnandolo in un percorso di riabilitazione, reinserimento sociale e addirittura di educazione ed esempio per altri. Luciana Di Mauro incontrò il ragazzo nel carcere minorile di Nisida che, piangendo e quasi svenendo per la tensione emotiva del momento, gli chiese se era disposta a perdonarla e lei rispose “si, ma tu devi aiutarmi a far si che altri ragazzi non finiscano qui”. Da quel giorno è nato un legame umano, persino affettivo, sociale, un cammino comune straordinario. 

«Una rivoluzione copernicana» che stravolte il concetto di giustizia finora diffuso ha definito la giustizia riparativa Francesco Lo Piccolo, direttore della rivista Voci di Dentro e presidente dell’omonima associazione. Lo Piccolo, giornalista esperto e di lungo corso, ha animato il dibattito insieme a Mauro Palma (già Garante Nazionale per i diritti delle Persone private della libertà personale), Gianmarco Cifaldi (Garante dei Detenuti Regione Abruzzo e professore Università D’Annunzio), Marta D’Eramo (Magistrato del Tribunale di Sorveglianza di Pescara), e Fabio Giangiacomo (Avvocato). Dopo il saluto istituzionale dell’assessore Nicola Della Gatta e l’introduzione, ricca di forti spunti di riflessione, i relatori hanno condiviso le loro esperienze professionali e di vita e approfondito criticità, innovazione e vari aspetti della giustizia riparativa – ognuno da una prospettiva diversa – e sull’attuale situazione del mondo carcerario. Un mondo che non andrebbe considerato avulso e separato dal resto della società e nella cui situazione odierna ci sono responsabilità sociali e culturali a vari livelli. L’attuale concezione della “giustizia”, definita “retributiva”, si ferma allo stabilire pene, una sorta di “pagamento” con la privazione della libertà per alcuni anni del “colpevole” e non considera dinamiche sociali che dovrebbero chiamare ad una responsabilità istituzioni, associazioni e altri ambiti sociali. E, soprattutto, in realtà non considera minimamente le vittime, non ferma nulla (il tasso di recidiva tra coloro che non hanno accesso a percorsi di riabilitazione e reinserimento sociale e si trovano solo ad essere confinati in un carcere è emblematico) e nessuna “ferita” inferta alla società.

La giustizia riparativa restituisce alle vittime e alle organizzazioni sociali un ruolo, le rende parte attiva e interroga su come si possa ricostruire e riparare dopo lo strappo, la ferita come viene spesso definita, inferta. La giustizia riparativa, ha sottolineato nel suo articolato e approfondito intervenuto Mauro Palma, è una giustizia ricostruttiva. 

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