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Cupello: una catena umana e di parole contro la violenza… e non solo

Gli alunni delle classi terze della scuola Secondaria di primo grado di Cupello portatori di parole di speranza e resilienza

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Quest’anno in Italia si sono registrati 108 femminicidi dall’inizio dell’anno; è un problema sociale” – con queste parole il Sindaco di Cupello, Graziana Di Florio,dopo i saluti istituzionali, ha dato il via alla prima delle varie iniziative in programma per il 25 e 26 novembre, nel paese, per celebrare la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne.

È utopico ma mi auguro che la violenza in tutto il mondo, violenza tra uomini, donne, la violenza con le parole, quella contro la persona diversa, contro chi ha idea diverse dalle nostre, venga sconfitta” – ha aggiunto rivolgendosi agli alunni delle classi terze della Scuola Secondaria di primo grado che, a partire dalle ore 11 circa, dopo una sosta presso la Biblioteca comunale dove hanno potuto visionare i libri in possesso relativi al tema della Giornata, hanno prese parte a una sorta di “catena umana” contro la violenza di ogni tipo.

Catena che acquista forte senso e valore e va ad aggiungersi alle tante attività che l’Amministrazione comunale porta avanti per distruggere quella che il Sindaco definisce anche “piaga sociale”: “Da amministrazione ho l'obbligo di celebrare questa ricorrenza, di mettere a disposizione gli strumenti utili per vincere la violenza. Ognuno ha il compito di superare questa piaga, di vincerla, con l'esempio, con l'accettazione dell'altro, dicendo NO ad ogni tipo di violenza fisica e verbale verso l'altro, sopratutto verso le donne”– sottolinea.

Tra queste iniziative rientra anche l’installazione di tre panchine rosse, una presso il giardinetto comunale di Cupello e le altre due nelle contrade Ributtini e Montalfano, simboli per ricordare proprio “che la violenza noi la rifiutiamo” – conclude Graziana Di Florio.

Un uomo che usa violenza non è uomo con la U maiuscola ma un debole che ha paura del proprio fallimento perché è già fallito.”: esordisce in questo modo il Presidente del Consiglio comunale Filippo D'Angelo, che precisa come quello della violenza sulle donne sia un “problema che attanaglia la società, sia nei paesi sottosviluppati che in quelli con istruzione medio-alta”. E a partire dalla constatazione che “i femminicidi spesso sono commessi da uomini già condannati e messi in libertà” auspica “pene esemplari non solo come monito ma principalmente per una questione di giustizia nei confronti delle donne vittime, perché è un dovere di tutti aiutare chi subisce violenze fisiche e psicologiche”.

Più incentrato e diretto ai giovani l’intervento dell’Assessore all’istruzione e alle politiche sociali Giuliana Chioli che sottolinea come quella di oggi sia una “ricorrenza delicatissima, un tema che sfiora anche i ragazzi, perché la violenza abbraccia molteplici forme”.

Con l’invito agli studenti presenti a “non offendersi reciprocamente e ad accettare il pensiero divergente per impostare una società della tolleranza”, la Chioli spiega il significato della panchina rossa che, unitamente a un mazzo di fiori, a un drappo, a un paio di scarpe rosse e all’“albero della gentilezza e della resilienza” (NdR uno degli ulivi del giardinetto appositamente addobbato), contribuiscono a creare la location più giusta per ricordare le donne che non ci sono più.

La panchina quindi si configura come un monito oltre che come “un segno tangibile, collocato in uno spazio pubblico, visibile a tutti, di un’assenza nella società causata dalla violenza; rappresenta il posto occupato da una donna vittima di femminicidio”, come riportato sulla targhetta presente sulla stessa.

Con l’invito a mettere “un po’ di bene dove c’è male” interviene il parroco don Nicola Florio prima di procedere alla benedizione della panchina che rimarrà a disposizione della comunità.

Ognuno di noi è un dono per l'altro, dunque dobbiamo accoglierci per quello che siamo” afferma don Nicola facendo riferimento al racconto della Creazione e, per sottolineare il concetto che la donna non è proprietaria dell'uomo, cita le parole del Talmud che suonano davvero come un anatema: “State molto attenti a non far piangere una donna: poi Dio conta le sue lacrime! La donna è uscita dalla costola dell'uomo, non dai suoi piedi perché debba essere pestata, né dalla testa per essere superiore, ma dal fianco per essere uguale... un po' più in basso del braccio per essere protetta e dal lato del cuore per essere amata”: parole vecchie tremila anni ma quanto mai attualissime.

E a corredo di tutto ciò ci sono loro, gli studenti della Scuola Secondaria di primo grado del polo scolastico di Cupello dell’I.C. Monteodorisio che, nell’ambito del progetto“La chiave è nelle tue mani”, hanno avuto modo di affrontare, nei giorni scorsi, tematiche legate alla violenza sulle donne, guidati dalle psicologhe dell’Associazione Emily Abruzzo, con cui il Comune di Cupello, come ricorda l'assessore Chioli, collabora fattivamente grazie al protocollo in essere. “Sensibilizzare le donne a prendere consapevolezza e a denunciare tutti i soprusi che ricevono, renderle indipendenti economicamente e psicologicamente”: con queste parole la psicologa Anna Cimino illustra gli scopi del lavoro dell’associazione, finalizzato a sensibilizzare “anche gli uomini e la giustizia”perché chi subisce violenza è condannato “ad avere danni che si porterà per tutta la vita”. E a questo sono indirizzati gli incontri con le scuole, di diverso ordine e grado, a partire dalla scuola dell’infanzia, dove, ad esempio, le psicologhe hanno affrontato il tema della parità di genere: “Anche una semplice frase porta i ragazzi in età adolescenziale a atti di autolesionismo” – afferma la Cimino – frase che ancora una volta esprime e dà validità a progetti come quello promosso.

Per concretizzare il senso delle parole che titolano il progetto, all’albero presente accanto alla panchina sono state appese delle chiavi su cui i ragazzi hanno potuto incollare delle parole resilienti e che si configurano come un inno alla speranza, contro la violenza, come ad esempio dialogo, testimonianza, sorellanza, collaborazione, denuncia… le stesse parole chiave emergono dagli interveti di alcuni alunni rappresentanti delle classi terze che hanno preso parte al progetto.

Parole che i ragazzi hanno “portato a casa" incollate sulle chiavi ricevute, e che hanno urlato al cielo a conclusione della mattina, facendo volare ciascuno un palloncino rosso. Parole e grida che ci auguriamo diventino messaggi di pace e speranza contro ogni tipo di violenza.

A concludere la prima delle due giornate dedicate al tema della violenza contro le donne lo spettacolo "Il nome potete metterlo voi", scritto e diretto dal regista Mauro Monni, facente parte del progetto Una Nazione, uno spettacolo: 50 città, un unico spettacolo, in cui Cupello compare, insieme ad altre 49 città, nell'elenco dei luoghi promotori di questo evento.
"Stasera il mio nome potete metterlo voi": queste le parole che danno avvio a un'esperienza unica, emozionante e sensoriale, in cui si viene catapultati nella vita della bibliotecaria protagonista che vedrà un tragico epilogo,  un epilogo comune a tante, troppe donne.
"Quando ho accettato di prendere parte a questo progetto, ho pensato alle lacrime di una mamma, quella mamma che in un incontro mi aveva raccontato cosa aveva passato la figlia.
Ed è a tutte le donne, ma sopratutto a chi resta, alle mamme e ai papà che devono sopravvivere al dolore, che dedico questo spettacolo.
" - dice l'attrice e regista  Giuliana Antenucci dopo aver ringraziato tutto lo staff, l'amica attrice Maria Cristina Stumpo, la scenografa Annalisa Sciullo, la ballerina Carla Colamarino che hanno preso parte con lei a ciò che definisce "teatro civile", fondamentale per veicolare messaggi forti come quello di stasera.

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