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Zona rossa a Pizzoferrato: "Non attizziamo questo focolare, non facciamo che diventi uno stereotipo”

redazione
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“In questi giorni”, dice il “L’Abruzzese fuori sede”, gruppo facebook con 189.179 Follower, “ha fatto molto scalpore la notizia: “Pizzoferrato Zona Rossa: focolai causati dalle reunion agricole per l’uccisione dei maiali”. La cosa triste della vicenda, oltre alla fine dell’amico maiale, è stata ovviamente la reazione del “web”. Apriti cielo: “paese di imbecilli, Pizzoferrato n’arvè, se Bruno Sammartino fosse ancora vivo vi darebbe un vangatone, cafoni non siloniani, boicottiamo Pizzoferrato, Pizzoinfettato” e tante altre cose.

Per questo, già da giorni, molta gente di Pizzoferrato mi ha scritto, fondamentalmente per dirmi: “mittece ‘na bona parola”.

Mo io posso solo limitarmi a riportare quanto mi hanno detto i paesani, sono stati tanti, è intervenuto ufficialmente pure il sindaco, quindi insomma: i contagi di Pizzoferrato non sono stati causati soltanto da “lu porche che n’arvè “. Non attizziamo questo focolare, non facciamo che diventi uno stereotipo; poi si fossilizzano queste cose, e magari fra 30 anni ancora la gente va dicendo: “Pizzoferrato? Scine il paese dei macellai contagiosi; ahahah quelli che ammazzavano il maiale durante la pandemia, svergognati; 70 persone pe’ accide nu porche, frechete ecc.”.

Ci sono state un paio di famiglie che hanno ammazzato il maiale (come in tutto l’Abruzzo), poi sono aumentati i contagi, qualcuno avrà collegato le cose e subito “finazione di lu monne”: non si può incolpare un intero paese per questo, mi sembra chiaro.

L’80% dei paesani lavora fuori dal paese, e potrebbe aver trovato il virus lì; i contagi (circa 70 su 1000 abitanti) sono molto eterogenei, dalla signora isolata all’operaio, dal vegano all’onnivoro, si è infettata pure gente che non ha mai visto un maiale in vita sua: non ci sono prove di chi sia la colpa. Pizzoferrato non è un paese di maiali, né di gente che se ne frega delle regole. Anche se fosse stata colpa di un maiale, resta una colpa isolata che non può andare a ledere la dignità di un intero paese."

Attualmente i casi positivi attivi a Pizzoferrato sono 67, al netto delle prime riammissioni in comunità già effettuate dal Dipartimento. 

«Quello che è accaduto a Pizzoferrato dimostra che il contact tracing funziona eccome quando viene svolto compiutamente. I positivi restano quelli che abbiamo isolato inizialmente, non ne sono emersi altri con i tamponi fatti a tappeto su tutta la popolazione»: questo il commento del direttore generale della Asl Lanciano Vasto Chieti, Thomas Schael, che rende merito al lavoro svolto dal Dipartimento di Prevenzione, diretto da Giuseppe Torzi, e dal 118, con il responsabile Adamo Mancinelli, a conclusione della massiccia tornata di test molecolari eseguiti su ampia scala dopo l’impennata di contagi che si è verificata a inizio gennaio.

«Abbiamo testato il 70 per cento degli abitanti del paese - aggiunge - con 536 tamponi effettuati, su un totale di 750 persone che vivono a Pizzoferrato e non sono emersi ulteriori casi di positività. Vuol dire che il contagio era stato circoscritto con l’isolamento seguito all’attività svolta in precedenza e alla sorveglianza dei contatti stretti. Tutti i casi sono stati lavorati seguendo lo scrupoloso rispetto dei protocolli, come sempre, e abbiamo avuto conferma dell’efficacia del nostro Dipartimento di Prevenzione nell’attività di tracciamento nel contrasto alla diffusione del virus. Questi risultati saranno rivalutati fra qualche giorno ai fini dell’analisi epidemiologica che ha determinato la decisione di istituire la zona rossa».

 

 

Foto di Gennaro Staniscia

 

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