Per affrontare la nuova ondata di coronavirus, con il Dpcm del 4 novembre 2020, le scuole superiori sono passate dalla didattica in presenza alla didattica a distanza. Teresa Di Santo, docente nell’ITSET “F. Palizzi” di Vasto, spiega le difficoltà e le opportunità di questa nuova modalità di apprendimento.
L’altra volta, durante il locdown della primavera scorsa, tutti i docenti hanno sperimentato la didattica a distanza e come qualsiasi nuova esperienza non hanno lasciato spazio all’emotività. Questa volta invece la situazione è diversa. “Io personalmente”, dice Teresa Di Santo, “sono stata malissimo. Mi manca guardare in faccia i miei studenti, non poter rendermi conto veramente delle loro vere emozioni, sensazioni, perché la scuola non è solo trasmissione di saperi ma è molto di più. Mi manca il rapporto con i colleghi, con il personale della scuola, a partire dal saluto la mattina. Mi manca tutto questo. Mi manca l’umanità della scuola”.
Tutte le scuole quest’estate hanno lavorato moltissimo per avere la scuola in presenza. Teresa Di Santo racconta che ha partecipato al gruppo della sicurezza della sua scuola e ha potuto constatare tutte le azioni preventive messe in atto dal dirigente scolastico, affinché non si corressero pericoli, per seguire la didattica in presenza con la massima sicurezza e ora con la dad tutto questo è saltato in aria.
Gli ostacoli che i professori sono chiamati a superare nella didattica a distanza sono tanti: dallo scoraggiamento dei ragazzi costretti a rimanere in casa, alla paura per il momento che stanno vivendo, fino all’incertezza per il futuro dell’anno scolastico e cosa non da poco all’impossibilità di poter socializzare con i propri compagni in classe.
Bisogna tener conto con la dad, della naturale stanchezza degli alunni a dover sostenere lezioni con dispositivi digitali, della connessione a volte scarsa, che salta, guarda caso, proprio durante l’interrogazione, delle frequenti distrazioni che un alunno può avere in casa.
Con la Dad la cosa importante che ha preteso subito con gli alunni, continua Teresa Di Santo, è stata il rispetto delle regole. E’ necessaria una certa autorevolezza da parte del docente. Il rischio è che i ragazzi si adeguino a questa situazione e la scuola non può permettere che si ceda al lassismo.
I docenti hanno un compito importante, devono far capire che la dad è una necessità, per cui la classe virtuale è equivalente alla classe in presenza con le stesse regole. Non si può essere collegati in pigiama, non ci si può alzare come se niente fosse, solo perché si sta a casa.
I ragazzi vogliono la scuola in presenza, sia per la didattica che per poter vivere tutto un mondo di relazioni, che ora è annullato. A loro è richiesto un impegno maggiore, e non tutti riescono. E’ un’esperienza per alcuni difficile, soprattutto se si hanno difficoltà digitali.
Non mancano poi i colleghi che hanno difficoltà a confrontarsi con il digitale, che non riescono a trovare metodologie più accattivanti, o che non sanno confrontarsi a pieno con le verifiche on line. Chi ha una visione tradizionale della scuola non riesce ad adattarsi velocemente alla dad.
La dad però può dare possibilità nuove, migliorando i percorsi di insegnamento/apprendimento, scegliendo le attività e le tecnologie più adatte a veicolare i contenuti scelti e a realizzare i propri obiettivi didattici.
E’ questo, conclude Teresa Di Santo, uno scenario anomalo e i segni rimarranno a lungo nel tempo. Speriamo di avere in tempi brevi la comunicazione: tutti a scuola in presenza!