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Imparare... sempre

Il tempo senza... Le riflessione di Don Domenico Spagnoli, parroco di Santa Maria Maggiore di Vasto

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In questi giorni, noi preti siamo intercettati da persone molto preoccupate riguardo alla situazione del coronavirus e del contagio (relativamente diffuso) nella nostra città di Vasto. Più volte e da diverse voci autorevoli, sono state già ricordate le indicazioni da osservare per limitare i danni; su diversi canali è stato inoltre evidenziato quella riscoperta positiva delle norme di convivenza civile e di igiene, qualche volta trascurate in passato.

Come parroco, e come uomo che si sforza di essere ogni giorno di più discepolo di Gesù, avverto però il desiderio di condividere una riflessione pacata su ciò che dobbiamo imparare spiritualmente da questa situazione di emergenza. Una lezione che vorrebbe ispirarsi alla sapienza cristiana che attinge dalla storia della salvezza e della spiritualità cristiana. Mentre scrivo rifletto per me e parlo innanzitutto a me stesso.

Il Vangelo che proclamiamo da più di duemila anni, ci fa conoscere il Dio trinitario in cui il Padre ha tanto amato il mondo, da mandare il suo Figlio Gesù che dona la sua Vita per riscattarci dalla morte. Il Dio che ho imparato a conoscere nella Chiesa, la chiesa nostra Madre, è “Uno” che paga per tutti e non manda punizioni, come ci ricorda chiaramente il Vangelo di Luca al Capitolo 13,2-5; nel racconto si presentano alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei che Pilato aveva ucciso, mentre stavano offrendo un sacrificio. La risposta del Maestro è sin troppo eloquente: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Siloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».

La stessa considerazione emerge anche dall’episodio del cieco nato, in cui i Discepoli vanno dal Maestro con la domanda (Giovanni 9,2-3): «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?» e Gesù con fermezza risponde: «Né lui ha peccato, né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio». In estrema sintesi questi due brani ci ricordano che il male, la sofferenza, la malattia non sono una punizione del peccato che abbiamo potuto commettere, perché il male è già male in sé e ci fa male. Inoltre, anche quando scegliessimo volontariamente il male, già ci stiamo facendo del male… non occorre scomodare Dio, che per definizione è Amore.

Cosa possiamo fare però anche nella situazioni dolorose, drammaticamente inquietanti? Rispondo: imparare. Imparare a tornare, a tornare a ciò che ha valore. Imparare a tornare a Dio.

Come cristiano, so che Dio non vuole la sofferenza di nessuno e si è schierato dalla parte dell’uomo. Come cristiano so che Dio mi mette in guardia dal male che posso scegliere perché rischio seriamente di deturpare la mia dignità di figlio. Come cristiano so che il mio Dio mi lascia libero di riconoscerlo o di rifiutarlo…ma so anche che, di fronte al male che mi piomba addosso, posso riconoscere la compagnia di Dio nella mia sofferenza. Questo sì che è Vangelo.

Inoltre, nello specifico credo che questo particolare momento segnato da un nemico invisibile – dal nome così regale (coronavirus) – possa essere letto in chiave sapienziale.

Saremo bravi, insomma, se avremo letto anche in chiave spirituale questo momento di prova di tutti noi. Una prova nella quale il Signore certo combatte dalla parte dei deboli e dei più fragili. Una prova in cui abbiamo il diritto di chiedere il Suo aiuto.

Cosa leggere in chiave sapienziale in questo momento storico faticoso per noi? Tento una mia risposta personale.

Avremo vissuto bene questo passaggio del virus se impareremo a ricordare che il nemico non è il fratello o la sorella a cui spesso “facciamo guerra”, ma che siamo tutti fragili e “connessi”, chiamati a lottare contro un nemico comune – spesso invisibile – che vorrebbe portare dolore e morte. Quanto ci farebbe bene oggi stemperare le tensioni e i litigi per capire che dobbiamo avere misericordia e bontà verso il fratello debole e vittima come me!

Ci sarà inoltre una maturazione spirituale in noi se avremo riconosciuto finalmente che l’uomo è e rimane creatura vulnerabile e mortale. Troppo spesso ci sentiamo – soprattutto nel nostro Occidente – padroni di tutto e di tutti, troppo spesso diamo sfogo alla nostra superbia pensando di poterci permettere di tutto con il danaro o il potere. C’è qualcosa che può sconfiggerci e che non possiamo acquistare con il denaro. La salute ad esempio è un dono per cui ringraziare sempre Dio! L’uomo che impara a riscoprire l’umiltà, sa di non essere il padrone del mondo o delle cose ma semplicemente un custode. Oggi abbiamo l’opportunità di riscoprire che tutto ciò che siamo e abbiamo non è scontato o dovuto: ci è stato dato e ci può venire tolto da un momento all’altro. Occorre umile gratitudine, da parte dei piccoli e dei grandi.

Anche questo tempo “senza”, senza scuola, senza incontri pastorali, senza luoghi affollati potrebbe diventare una occasione per fare discernimento. Ci sono delle cose senza le quali si può vivere lo stesso, e ci sono altre che sono particolarmente preziose e che non sappiamo generalmente apprezzare: quante volte, ad esempio, sembra un peso andare a scuola, a lavoro o a Messa. Questo momento in cui molti sono costretti per prudenza a limitare gli impegni, potrebbe far accrescere il desiderio del bello e del bene che riempie la vita. L’ammalato o l’anziano che non può più beneficiare di questi momenti  di socializzazione (non solo per il coronavirus ma per la stessa anzianità) sa bene ciò che sto dicendo. Anche chi, per prudenza, non potesse partecipare alla Celebrazione Eucaristica in questi giorni, potrebbe ascoltare il desiderio più profondo di quanto sia luminosa una Parola di Dio celebrata e un Pane preparato per noi. Quante “storie” abbiamo fatto forse in passato, per le celebrazioni delle Messe, per l’orario troppo presto o due minuti in più per un’omelia… forse mai come oggi possiamo riscoprire che la Messa è un Miracolo. Quando possiamo andare, dovremmo percepire la gioia di questo incontro con Dio. Che l’“as-senza”  di questo periodo ci faccia ascoltare il desiderio più profondo dell’uomo, il desiderio di Dio. In questi giorni, non giudicheremo chi vuole partecipare alla S. Messa né chi invece – per prudenza o per una situazione particolare – non se la sente di venire. Tutti vivremo una solidarietà che si chiama comunione nella preghiera.

Molto di più forse potremmo imparare da questo momento di fatica. Con semplicità vorrei incoraggiare tutti – e in particolare i miei parrocchiani – ad imparare con me ad apprezzare tutto quello che ogni giorno abbiamo e diamo per scontato. Vorrei incoraggiare a pregare di più in questo periodo per i malati, i medici e il personale ospedaliero e a custodire la speranza cristiana che… insieme possiamo superare anche questo momento difficile. Con l’aiuto di Dio, con un senso alto di responsabilità e collaborazione (fede e ragione insieme!) si potrà riprendere la vita sociale ma – me lo auguro – con la sapienza cristiana di chi vuole essere migliore… tornando a Dio e al fratello.

Un abbraccio caro.

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