La foto pubblicata su Facebook dalla giornalista e docente vastese Paola Cerella, che, con sdegno, parla di “quel che resta di un sogno”, ha l’effetto di un colpo al cuore degli appassionati di archeologia e, più in generale, di chiunque abbia a cuore il patrimonio artistico e storico di Vasto: il mosaico del Nettuno di via Adriatica oltraggiato dai vandali che, sulle preziose tessere musive del II secolo dopo Cristo, hanno appiccato il fuoco.
Il capolavoro, quello che qualunque altra cittadina al mondo farebbe di tutto per preservare dai teppisti e valorizzare, ha subìto un danno gravissimo.
A vedere la macchia scura pare che qualcuno si sia divertito ad incendiarvi sopra qualcosa, carta o, in ogni caso, materiale infiammabile. Un gesto incredibile che pure è avvenuto.
Segno del degrado e del declino civile di una città che, ormai, non riesce più nemmeno a custodire i suoi tesori più preziosi e invidiati. “Ho restaurato questo mosaico nel 1999 – scrive nel post Michele Montanaro – e, da allora, ha subìto di tutto, con la vecchia, provvisoria copertura e, con quest’ultima – accusa – davvero scandalosa, tanto da allagarsi regolarmente ad ogni acquazzone. Mai è stata effettuata da personale qualificato – aggiunge – una manutenzione ordinaria. E’ un miracolo che le tessere siano ancora lì, ma una vera vergogna per una cittadina come Vasto”. Riportata alla luce in via Adriatica quasi vent’anni fa dalla Soprintendenza archeologica di Chieti, l’opera è “protetta”, si fa per dire, da una struttura in tubolari e da una copertura bisognosa di cure. Arrivare al mosaico del Nettuno, però, è un gioco da ragazzi, bastando scavalcare un’approssimativa recinzione. Erano stati i Vigili del Fuoco in congedo, prima, ed il Fai poi a garantirne pulizia e decoro, ma, evidentemente, non è bastato.
Vandali ignoranti, in spregio alla storia della loro stessa comunità, hanno colpito le terme dell’antica Histonium. Ha ragione Agostino Monteferrante, ex amministratore di San Salvo: la colpa va ascritta a noi tutti, vastesi, incapaci di tutelare un bene di inestimabile valore.