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Honeywell e Cotir, due facce della stessa medaglia

L'intervento di Agnese Paris (Italia agli Italiani)

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Negli ultimi tempi l’economia del Vastese è afflitta, tra l’altro, dalle vertenze Honeywell e Cotir, che mettono seriamente a rischio il posto di circa 500 lavoratori per l’azienda franco-statunitense produttrice di turbocompressori e altri 27 per il consorzio per la divulgazione e la sperimentazione della tecniche irrigue, perla della ricerca in ambito nazionale per tantissimi anni.

La Honeywell con una decisione unilaterale improvvisa ha deciso di depotenziare il polo di Atessa e di spostare le linee produttive in Slovacchia, dove è già stato realizzato uno stabilimento gemello di quello abruzzese, e lasciare a casa 500 dipendenti (450 suoi e circa 50 dell’indotto) per quella che è un’altra catastrofe sociale, economica e industriale per l’Abruzzo.

La tecnica dell’“usa e getta” da parte delle imprese a capitale privato trova la colpevole complicità nella politica non solo nazionale, ma soprattutto extra-nazionale, nel nostro caso quella dell’Unione Europea, tanto attenta e categorica nel dettarci ridicole regole nella produzione agroalimentare del nostro pregiatissimo territorio, poi completamente assente, o addirittura sadica, quando si tratta di difendere diritti fondamentali come il lavoro e la dignità delle famiglie.

La Honeywell percepirà contributi dall’Unione europea (quindi soldi che vengono anche dalle nostre tasse…) per trasferirsi in Slovacchia, dove il costo del lavoro è più basso e la tassazione alle imprese meno opprimente.

“Fortunati i 500 Slovacchi” che così avranno un lavoro!”, direte voi….

Eppure il perfido girare della ruota capitalista porterà un giorno l’azienda a spostarsi di nuovo lasciando macerie e tragedie personali anche lì.

Altro giro, altra corsa! È la ripetitività quasi ossessiva di drammi sociali che ormai passano quasi inosservati, data la loro crescita esponenziale.

Le attività economiche e il capitale dovrebbero essere al servizio dell’uomo e non il contrario come spesso accade.

Siamo sicuri che la tanto decantata “globalizzazione” sia la panacea di tutti i mali oppure, come sembra delinearsi, una trappola infernale che ci rende tutti schiavi e senza alcuna certezza per il futuro?

Che senso ha spostare gran parte delle produzioni industriali in Paesi che “schiavizzano” i lavoratori (vedansi India, Cina, Brasile, Taiwan, Pakistan, solo per citarne alcuni) per abbassare i costi e poi importare prodotti finiti senza dazi doganali? E’ un suicidio collettivo di cui i casi alla ribalta della cronaca non sono altro che la punta dell’iceberg.

Più limitata come impatto numerico, ma non meno vergognosa nei fatti, è la storia del Cotir, un brillante polo di ricerca, prima decaduto ed oggi purtroppo morto semplicemente per mera volontà politica che, per motivi a me sconosciuti, ha del tutto abbandonato il consorzio, lasciandolo letteralmente cadere a pezzi e morire di fame.

Possibile che un dipendente pubblico resti senza stipendio per mesi e mesi, continuando a lavorare, e riceva dalla politica locale vaghe promesse da marinaio, quasi sempre disattese fino a quando il consorzio chiuda senza che nessuno, e dico nessuno, si sia preso la responsabilità di una decisione così subdola e vigliacca? Mi auguro che il ricollocamento dei 27 lavoratori vada presto a buon fine, ma, quando ad essere in gioco è la sopravvivenza di intere famiglie, le dichiarazioni a tal proposito della politica non possono essere così vaghe e fumose, quando le problematiche sono così gravi e stringenti.

La politica dovrebbe essere al servizio dei cittadini. Per decenni è stato il contrario; adesso ne paghiamo (tutti) le conseguenze;

Vale la pena andare verso una guerra tra poveri o sarebbe meglio tornare a principi di buonsenso e lealtà che ci faccia sentire fieri di essere cittadini italiani?

Agnese Paris (Italia agli Italiani)

 

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