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Primo 416-bis in Abruzzo e clan malavitosi che 'delocalizzano' nel Vastese

A 6 mesi dalla fine del processo 'Adriatico', e dopo la pubblicazione delle motivazioni, bilancio e considerazioni in Tribunale

redazione
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Sono state depositate appena qualche giorno fa le motivazioni della sentenza del processo 'Adriatico', la vicenda giudiziaria che interessato l'area del Vastese che ha fatto registrare l'emissione di condanne, per la prima volta in Abruzzo, contestando il reato previsto all'articolo 416-bis del Codice Penale, ovvero l'associazione di tipo mafioso, nella fattispecie di stampo camorristico.

Processo, relativo a fenomeni sviluppatisi negli anni scorsi legati in modo particolare allo spaccio di sostanze stupefacenti e ad estorsioni, concluso in primo grado nel marzo scorso, concretizzato in complessive 38 udienze e con la sentenza pronunciata dal collegio giudicante del Tribunale di Vasto dopo 12 giorni di camera di consiglio.

Stamattina, nel palazzo di giustizia di via Bachelet, a parlarne è stato il presidente del Tribunale, Guido Giangiacomo, affiancato dai giudici Fabrizio Pasquale e Stefania Izzi.

"Un processo ed un lavoro straordinari", ha commentato Giangiacomo che ha ricordato i numeri 'grossi' della vicenda e, soprattutto, la realtà di organizzazioni malavitose di altri territori che hanno delocalizzato le loro attività, portandole in un territorio diverso

Una sottolineatura non è mancata, legata ad un'area, quella del Vastese, definita "permeabile" all'attecchimento di clan malavitosi di un certo livello, come quello alla base della ricostruzione giudiziaria imperniato su Lorenzo Cozzolino e la moglie Italia Belsole, il ruolo dei quali, da collaboratori di giustizia, è stato essenziale per le risultanze del processo, chiuso con 25 condanne (delle quali 5 per associazione per delinquere di stampo mafioso, ex articolo 416 bis del codice penale, per concorso esterno in associazione mafiosa ed il resto per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti) - per un totale di quasi 300 anni di carcere - e 37 assoluzioni.

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