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'Tra crisi e diritti umani': il rapporto 'Migrantes' della Caritas di Chieti-Vasto

Il vescovo Forte: 'Senza l'immigrazione il nostro sistema produttivo sarebbe al collasso'

redazione
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“Quando parliamo di immigrati parliamo di persone, non di numeri. Una realtà con una dignità sacra e inviolabile. Senza l'immigrazione il nostro sistema produttivo sarebbe al collasso, per il numero di lavoratori e imprenditori": è quanto ha sottolineato l'arcivescovo della diocesi di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte, in occasione della presentazione del 23° Rapporto Immigrazione realizzato dalla Caritas e dalla Fondazione Migrantes, quest'anno intitolato "Tra crisi e diritti umani".

Presenti, tra gli altri, il deputato e giornalista Khalid Chaouki, il direttore generale di Migrantes, Giancarlo Perego, il missionario padre Renato Kizito Sesana, fondatore di Koinonia ed accompagnatore dei dieci ex 'ragazzi di strada' del Kenya esibitisi in questi giorni ai Teatri Rossetti di Vasto e Fenaroli di Lanciano ed al Supercinema di Chieti. A coordinare le relazioni il direttore della Caritas diocesana di Chieti-Vasto e della sezione regionale della Fondazione Migrantes, don Enrico D'Antonio.

I numeri resi noti, relativi all'anno 2013, danno conto di una realtà che in Abruzzo, con 74.939 cittadini stranieri censiti ufficialmente (il 5,7% della popolazione), di cui 33.987 bambini con meno di 3 anni di età ed un incremento significativo nel numero delle nascite, rappresenta una percentuale inferiore alla media nazionale che è del 7,4%.

L'Aquila e Teramo sono le due province con il maggior numero di residenti stranieri, con comunità costituite principalmente da romeni, albanesi, marocchini e cinesi. Altri rilievi: in Abruzzo sono oltre 72.000 i lavoratori nati all'estero che risultano occupati, mentre le imprese straniere sono circa 12.300. Anche le scuole del territorio regionale risultano sempre più frequentate da alunni stranieri, oltre 13.000 nell'anno scolastico 2012-2013.

A giudizio di Khalid Chaouiki “non può esserci futuro per l'Italia senza che faccia pace con se stessa e la sua multiculturalità. E' un paese di immigrazione, ma oggi si trova impreparato e il rischio è di creare capri espiatori come i bambini delle periferie romane”.

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