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D'Alessandro, Fli, il Terzo Polo e le promesse non mantenute: 'Un mondo è finito'

Il consigliere comunale commenta i recenti passaggi politici ed elettorali

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In tanti hanno chiesto ragione della mia scomparsa negli ultimi due mesi; in tanti hanno chiesto ragione della mia assenza all’incontro con il Presidente della Camera a pochi giorni dal voto. Quel giorno ho avuto seri problemi di famiglia ma, se non li avessi avuti, non sarei andato ugualmente. Non amo i funerali.

E che di funerale si sarebbe trattato, il 25 febbraio, lo intuii dai primi giorni di gennaio, quando si decise per le liste separate alla Camera, tenendo maldestramente in vita simboletti da prefisso telefonico. Ovviamente, tutto il rispetto per La Rana e Racano che, mettendoci grande impegno, hanno colto a Vasto un risultato quattro volte superiore a quello nazionale, ma io e Del Prete abbiamo aderito alla promessa, mai mantenuta, del progetto Terzo Polo; alla promessa, mai mantenuta, della semplificazione del quadro politico.

Purtroppo, la classe dirigente romanocentrica, ingorda, pasticciona e inconcludente, finisce per annientare anche le belle risorse ed energie presenti sui territori regionali. Il lunedì aggregano e promettono il Terzo Polo, il martedì non mantengono. Il mercoledì aggregano e promettono Liste uniche a Camera e Senato, il giovedì non mantengono. La domenica, giustamente, vengono bastonati dagli elettori. Questa volta, però, non sono stati soltanto bastonati, ma letteralmente eliminati: Fli, Udc, Rivoluzione civile, Rifondazione comunista, Italia dei Valori, Grande Sud e tanti altri.

Chi è causa del suo mal, pianga se stesso. Un mondo è finito. Ne comincia un altro, non necessariamente sotto il segno del populismo e della demagogia.

Il M5S è un fenomeno alquanto complesso e bisogna studiarlo con molta attenzione. Studiare vuol dire comprendere, non parlarne bene o male, diventarne amici o nemici, sport preferito dagli italiani. Da tempo me ne occupo e presto ne scriverò. Ciò che leggiamo in questi giorni rappresenta la fuffa. La polpa è altrove. Il problema di chi l’ha ideato non è di garantire la governabilità o di far indossare la giacca agli eletti, ma di smontare (senza magari rimontarlo) il giocattolo della politica, delle istituzioni e, addirittura, della Vita. Un’utopia realistica, dicono. La partita (o la guerra) è soltanto all’inizio. Non la partita (o la guerra) di chi prende tre o trenta senatori in più e governa o finge di governare, ma un’altra partita (o guerra), ben più sofisticata e decisiva. Di quest’altra partita (o guerra) non solo non ne è consapevole il 25% dell’elettorato italiano, ma neppure la maggior parte degli eletti. Chi l’ha votato è stato mosso legittimamente da una motivazione, da un’emozione, da una rabbia; chi è stato eletto si gode il sogno a occhi aperti, ma chi guida il Movimento ha scopi ben più ambiziosi che incontrare Monti, Napolitano o votare fiducie. Parlare del M5S senza studiarlo è come ritenere che possano esistere ancora Fli, Udc e altre pseudo-cose.

Un mondo è finito.   

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