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'L'apprendimento nello studente dislessico nella scuola superiore'

Convegno all'Istituto Agrario di Scerni nell'ambito del progetto europeo 'Caldys2'

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Ospiti di caratura internazionale nell'intensa giornata di lavori di venerdì, presso l'Istituto Agrario "Cosimo Ridolfi" di Scerni, per l'interessante convegno sulla dislessia e le sue implicazioni nell'apprendimento della seconda lingua nella scuola superiore. Dopo una mattinata di incontri formativi e dimostrativi con professori, genitori e studenti su DSA e strumenti compensativi, dal primo pomeriggio si sono succedute le relazioni di esperti del settore a livello europeo, moderati dalla dottoressa Fabiana Rocchi che ha anche fatto da interprete per agevolare il pubblico presente nella comprensione delle relazioni in inglese. "Il progetto 'Caldys2' - ha dichiarato in apertura il dirigente scolastico del 'Ridolfi', Filomena Zanfardino - coinvolge sei partner europei e ha come obiettivo specifico la realizzazione di giochi multimediali didattici finalizzati a facilitare l'apprendimento delle lingue straniere negli alunni dislessici. È un progetto ormai al secondo anno di attività ed è coordinato dal professor Ian Smythe che oggi è qui con noi e più tardi ci parlerà dell'uso della tecnologia in quest'ambito". Prima delle relazioni, il saluto del sindaco di Scerni, Giuseppe Pomponio, che ha riconosciuto all'Istituto Agrario "un intenso processo di ammodernamento, di adeguamento delle strutture e una revisione del curriculum formativo per far fronte alle mutate esigenze di formazione" e l'intervento della dottoressa Annarita Bini, referente regionale per l'Europa dell'Istruzione, che ha portato i saluti del direttore generale dell’ufficio scolastico regionale abruzzese, Giovanna Boda. Il convegno è quindi entrato nel vivo con le relazioni della dottoressa Lenka Krejcova, della Czech Dyslexia Association e Charles University di Praga e dell'ingegner Katerina Nevralova della Euroface Consulting s.r.o., le quali hanno tracciato il quadro della situazione nella Repubblica Ceca per quanto riguarda l'apprendimento dell'Inglese da parte degli alunni dislessici. "La percentuale di ragazzi dislessici nelle loro scuole - ha spiegato la dottoressa Rocchi, traducendo le relazioni delle colleghe - è più o meno in linea con quella che è la nostra realtà, che si attesta tra il 4 e 5%", per poi tracciare un breve riepilogo di come il problema è stato trattato negli anni, dai primi test nel 1952, passando attraverso le prime pubblicazioni sul tema negli anni '60 e a seguire le prime circolari, le prime scuole specializzate, per arrivare ad oggi "con la definizione dei criteri per l'esame finale in favore dei ragazzi che escono dalla scuola secondaria". Dopo una breve pausa caffè, le relazioni di Giuseppe Pellegrino, della Cooperativa 'Anastasis' di Bologna e del dottor Ian Smythe, i quali sono entrati nel dettaglio tecnico della didattica, sia a livello di metodologia, che come supporti tecnologici e multimediali che possono aiutare gli studenti dislessici nell'apprendimento di una lingua straniera. Il dottor Smythe si è soffermato, in particolare, sull'importanza delle schematizzazioni per mappe concettuali e dell'individuazione di parole chiave che possono permettere allo studente di avere un input immediatamente comprensibile che lo aiuti ad aprirsi gradualmente ad aspetti via via più complessi e particolareggiati. A seguire, l'intervento della dottoressa Sara Giulivi del Dipartimento di Formazione ed Apprendimento della Svizzera italiana, la quale si è soffermata a spiegare i meccanismi principali che consentono ai software studiati per il Progetto di aiutare l'apprendimento delle lingue straniere. L'ultima parte del convegno è stata invece dedicata all'aspetto psicopedagogico del tema, attraverso le relazioni della dottoressa Rachele Giammario, psicologa dell'età evolutiva e docente presso il I Circolo Didattico di Vasto e della dottoressa Sabrina Di Tullio, psicopedagogista e direttrice del Centro Educativo Polivalente 'La città del sole' di Vasto. "Non c'è bisogno di strategie didattiche chissà quanto differenziate, - ha spiegato la dottoressa Giammario, - ciò che è utile per lo studente dislessico, può essere altrettanto utile anche per gli altri; i risultati migliori per tutti si possono ottenere tenendo unita la classe, in una didattica inclusiva che non tratti da 'diversi' gli studenti dislessici, ma semplicemente li accompagni nell'apprendimento secondo i più congeniali metodi di apprendimento. Così come, d'altra parte, si dovrebbe fare per ogni studente".
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