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MOSTRE A VASTO E RIFLESSIONI: 'PERCHé L'ARTE COME LA POLITICA... NON STIA DA PARTE'

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Nella ormai trascorsa estate, nelle sale espositive di Vasto si sono succedute mostre varie, e talora veri e propri mercatini. Tutto legittimo, se si vuole, ma assai opinabile. Fra i locali pubblici comunali, la “Mattioli” costituisce un’assai preziosa “location”: un posto in cui l’Arte (la “cultura artistica”) è letteralmente a portata di mano o di immediato richiamo per i vastesi e per quanti vi trascorrono le vacanze. Se questo è vero, mal si comprende come: in alcuni periodi estivi, come nel ferragosto, sia rimasta chiusa e al buio; si continui a ‘programmare’ il susseguirsi delle esposizioni in tale sede (ma anche nelle altre) senza alcun criterio, se non quello - pare - del “chi ha fatto debita domanda ad esporre”, a prescindere assolutamente dai valori intrinseci dell’artista e delle opere da esporre. Nell’uno e nell’altro caso, il Dirigente al Settore e il delegato dell’Amministrazione appaiono probabilmente inconsapevoli dei danni arrecati all’arte e alla cultura, o peggio, disinteressati alla questione. Mi si dice che così ha voluto “la legge Frattini” che ha attribuito ai burocrati poteri insospettabili. Sbagliando, se fosse, poichè è noto che la burocrazia italiana in genere non merita una tale fiducia normativa. D’altro canto nessuna legge o “riforma” può concedere che un burocrate abbia a poter gestire senza doverne rendere conto ad alcuno un patrimonio pubblico, una funzione comunitaria. Se imparare l’arte (e dimostrare di averla appresa) lo si vuole considerare non decisivo nel e per presentarsi al pubblico come pittore, scultore o altro (mentre... mai chiameremmo un fabbro a difenderci in tribunale), di certo - comunque - non è tollerabile che si affidi a un impiegato comunale, quale che sia il livello di carriera, ciò che è nell’interesse della società e della città, come luogo di vita, di cultura e turismo. Diffido dell’espressione “fare il bene comune”, visto l’uso strumentale che se ne fa in genere; in questo caso, invece, è l’unico motivo legittimo e dignitoso per affermare a voce alta un “Così, non va!”. Aggiungendo che se capire e giudicare l’arte può non essere il loro mestiere, nè di promuoverla al meglio il loro interesse personale, difficile è accettare che – dopo aver brigato tanto per farsi eleggere o nominare – costoro non capiscano neppure... “dove la politica sta di casa”. Non Vasto, dunque, deve “cambiare”, ma chi pensa che i valori (magari anche quelli artistici) siano solo carte da giocare per il proprio tornaconto (tutto elettorale e di parte). Magari solo per trastullarsi, per mettere se stessi in scena o in mostra. Da dilettanti, ovvio.
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