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"MEGLIO L'ACQUA CHE IL PETROLIO": IN CINQUEMILA PER IL NO ALLE PIATTAFORME SUL TERRITORIO

E ora si pensa a una grande manifestazione in mare

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L'acqua e il petrolio. Un binomio questo che sembra contraddistinguere le varie tappe della lotta che gli abruzzesi stanno portando avanti contro la corsa all'oro nero di compagnie e multinazionali. L'acqua come quella del Mar Adriatico minacciato da concessioni per l'estrazione di idrocarburi, o come quella del Lago di Bomba tra le mire della Forest Oil. Ma anche e soprattutto come la pioggia che accompagna indissolubilmente ogni nuovo appuntamento contro l'Abruzzo petrolchimico. Ieri a Lanciano erano in 5.000 in marcia per nulla intimoriti o frenati dagli acquazzoni. Un corteo coloratissimo e variegato, composto da gente comune, innumerevoli associazioni, sindacati, rappresentanti delle cantine sociali, uomini di chiesa (da ricordare l'adesione della Conferenza Episcopale Abruzzo e Molise), boy scout e tanti altri. A guidarlo il presidente della Provincia di Chieti Enrico di Giuseppantonio, seguito dai sindaci di 54 comuni della costa e dell'entroterra. Il culmine in piazza Plebiscito, dove si sono alternate le parole delle autorità presenti. In quelle del primo cittadino di Lanciano, Filippo Paolini, si rievocano le grandi proteste di qualche decennio fa per scongiurare un pericolo chiamato Sangro Chimica (altro testimone di quei giorni l'ex senatore Enrico Graziani presente in piazza). All'epoca fu un successo e i sacrifici di allora, la direzione presa in quegli anni per un Abruzzo pulito non devono essere disattesi con scelte irresponsabili anche per il futuro dei giovani d'oggi. Interviene anche Marco Panzeri, sindaco di Rovagnate e membro di una delegazione di quella Brianza che ha saputo ricacciare indietro la minaccia delle trivellazioni. La mobilitazione di quel territorio è stata generale, sindaci e popolazione uniti contro il progetto di una compagnia australiana. Panzeri ricorda l'obbligo di chiedere ai propri amministratori quale futuro hanno scelto per la propria regione, perché il petrolio non è compatibile con l'agricoltura e il turismo. Anche Enrico Di Giuseppantonio ribadisce il no all'oro nero; un no comunicato al Ministero attraverso un corposo memoriale fatto di tante esperienze diverse che spiega scientificamente le ragioni del rifiuto alle perforazioni, siano esse in mare, terra o vicino ai laghi. A chi accusa gli abruzzesi di opporsi a tutto, il presidente della Provincia ricorda che, pur comprendendo le necessità energetiche, l'Abruzzo ha già dato e che l'unico progetto allo studio è quello di una grande industria del turismo. La battaglia sarà lunga, continua, e non è propria di nessuna fazione politica, ma a condurla sono donne e uomini liberi che nei momenti di difficoltà dovranno dimostrare la forza dell'unità. Anche la Chiesa Cattolica ha voluto portare il proprio contributo attraverso le importanti parole di don Michelino Di Lorenzo, "Se siamo di passaggio sulla Terra, non ne siamo i padroni, ma siamo chiamati ad esserne i fedelissimi custodi". Alessandro Lanci, del movimento "Nuovo Senso Civico", ha chiuso gli interventi dal palco non esitando a bacchettare gli assenti. Primi fra tutti il sindaco di Ortona, Nicola Fratino e il presidente della Regione Giovanni Chiodi. «L'assenza, o ancor peggiore, l'indifferenza nei confronti di manifestazioni del genere non è più tollerabile: nella sola provincia di Chieti 92 comuni su 104 sono interessati dalle concessioni minerarie, non si può ancora giocare a nascondino. L'unica strada percorribile è quella della revoca delle concessioni per "Gravi motivi ambientali", tutte le altre soluzioni prospettate sono fumo negli occhi. Come lo sono le promesse di posti di lavoro e moneta sonante: in Abruzzo ci sono circa 500 pozzi che da 30 anni estraggono quasi in omertà petrolio e gas, quale ricaduta occupazionale hanno avuto? Infine, la Medoil Gas ricaverà dal pozzo "Ombrina Mare" circa 3 miliardi di dollari, in 25 anni all'Abruzzo ne andranno circa 30 milioni, pari a 85 centesimi l'anno per abruzzese». Una testimonianza particolare è stata quella del signor Armando Orsini, uno dei due proprietari terrieri che si sono rifiutati di vendere il proprio appezzamento all'ENI per la realizzazione del Centro Oli di Ortona. La somma rilevante che avrebbe in cambio non ripagherebbe gli effetti negativi che l'impianto avrebbe sulla sua vita, la sua salute, e la sua abitazione distante appena due chilometri e mezzo. L'acqua e il petrolio. Meglio tanta acqua, come quella che si è abbattuta ieri sui manifestanti, che tanto petrolio, come ricordato il sindaco di Lanciano, la pioggia non ha fermato la protesta, non lo farà neanche chi vuole il petrolio in Abruzzo. Ed è proprio l'acqua, quella dell'Adriatico, nella quale potrebbero ritrovarsi presto i manifestanti in un prossimo appuntamento che coinvolga i lavoratori del settore ittico, anch'esso a forte rischio se le concessioni andassero in porto.
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