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'L'ENIGMA DELLA MATERIA', LA MOSTRA PERSONALE DI NICOLA ARTESE (ARTES) A VASTO

Didascalie in versi di Maria Tilde Pollutri. L'esposizione fino al 5 ottobre al Caffè de Parma

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Nicola Artese (Artes) torna a esporre, con i suoi ‘quadri’ di recente creazione, opere che pur in un noto filone dell’arte contemporanea che va dall’informale astratto al materico impressionista, rappresentano una sua originale reinterpretazione e sviluppo della tecnica e della poetica genericamente definita del collage. L'esposizione è al Caffè De Parma fino al prossimo 5 ottobre. Una ‘pittura’ che utilizza come materiale costruttivo non i pigmenti cromatici tradizionali, pur non escludendoli, quali a olio, acrilici, ad acqua o vernici varie, ma carte variamente colorate e selezionate, magari ritagliate da pubblicazioni a stampa, vecchie e nuove, per giungere sotto l’impulso di un’idea grafica o di una voluta significazione a creare altra, nuova e sorprendente immagine. Una forma-manufatto che ‘agganciandosi’ (per così dire) ai sendimenti mnemonici che ciascuno di noi ha e conserva nella propria mente, per un linguaggio di significazione comune e interpersonale, riesce a proporsi di per sè come nuova forma o come innovativa visione di una realtà supposta come conosciuta e invece ‘reificata’ - con l’opera - per e con nuove significazioni. In questo l’arte, quella che vale, si fa preziosa informazione creativa e non mimetica: un arricchimento della nostra capacità di vedere e leggere. Un ‘gioco’ tra il visivo e l’immaginifico, tra il “deja vu” magari banalizzato dalla comunicazione di massa e l’onirico emozionale e mentale, che non solo un artista ma ciascuno di noi può o potrebbe elaborare in un esercizio della mente che non sia semplice rivisitazione (segnica e verbale) della realtà. Per ottenere tale tipo di risultato, concretamente e in modo efficace, Artes, dopo aver figurato nel passato semplicemente su carta e con carta le sue ‘visioni’, nelle sue ultime ‘immaginazioni’ ha gradualmente cominciato a com-prendere, usare, incollare, riutilizzare per le sue ‘pitture’, materiali più vari e corposi (talvolta piccoli ma interi oggetti): spaghi e bottoni, veline e supporti plastici, persino frammenti metallici per altro scopo a suo tempo formati, da lui incollati e per così dire annegati in effusioni siliconiche che danno all’insieme una consistenza plastica, trasparenza e modulazione di visione e di luce che presuppongono e permettono una percezione dell’opera-manufatto a più livelli visivi e concetttuali. Una sorta di acquisizione da parte dello stesso artista, e riformulazione in proprio, di quel concetto di “opera aperta” di cui scriveva in un suo saggio U. Eco negli anni sessanta del secolo scorso: una delle chiavi di volta di lettura, per il critico e non solo, per guardare e ‘comprendere’ nella propria mente opere di arte contemporanea, quali chiaramente sono quelle di Nicola Artese. Le “didascalie” alle opere - versi di Maria Tilde Pollutri - non solo cercano di evitare la nota banalità dei “titoli”, ma, in questo caso, nella loro intrinseca e autonoma poeticità d’immagine sia pure verbale, confermano, senza sovrapporsi, seppur godibili per se stesse, la modalità creativa dei quadri e la suggerita chiave di comprensione delle opere in mostra. Un raro binomio di arte visiva e letteratura.
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