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PENNELLI E CAVALLETTO PER TORNARE ALLA VITA: A CASA MATTIOLI LA MOSTRA DI ITALO IAMMARINO DEDICATA AL FIGLIO SALVATORE

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E’ la prima personale dopo la morte del figlio Salvatore avvenuta in maniera così assurda, lungo la fondovalle Sinello. Il pittore Italo Iammarino aveva buttato pennelli e cavalletto all’aria il 9 aprile dello scorso anno. In uno scontro frontale uno dei suoi figli aveva perso la vita. Da quel giorno per l’artista vastese nulla aveva più senso. Del resto veniva anche da un periodo tumultuoso dove la sua mente preferiva altri percorsi. Un macigno dopo l’altro aveva annientato la simpatia coinvolgente e la forza di esistere dell’estroverso Iammarino. Ora le sue tele tornano a essere esposte in una vernice dal titolo quanto mai inequivocabile «Opere recenti di Iammarino dedicate a Salvatore». Mostra ospitata nel centro di Vasto, nella Casa Mattioli, sino a domenica prossima 21 febbraio, con il contributo della Biblioteca Rossetti, del Comune di Vasto e dell’associazione culturale Alterar’s. Fin qui la parte canonica. Conosco Italo. Le nostre vite si sono incrociate nel 1980 quando ho avuto modo di apprezzarne la voglia di vivere e l’unicità del suo umorismo nel Coro Polifonico Histonium diretto in quegli anni dal maestro Nicola Carino. Nella corale sono arrivato «per colpa» della mia ragazza Valeria, divenuta poi mia moglie. Italo il compagnone, l’amico di tutti. Come lui nessuno sapeva raccontare le barzellette facendo divertire e coinvolgendo tutti. Il suo accento romanesco - aveva vissuto da emigrante a Roma - ma sapeva parlare il vastese come pochi. Poi gli scherzi che spesso andavano sopra le righe. Come non ricordare la gita in Grecia quando avevano fatto credere a un corista - aveva come spalla Nino D’Annunzio – che era stato arrestato ad Atene per aver rubato una pietra del Partenone. Il suo rapporto con la chiesa - era nipote di don Salvatore Pepe, sacerdote e oratore dottissimo – era forte, tanto da vederlo protagonista di tutto ciò che sapeva di ecclesiale, anche nelle macchiette, e la sua interpretazione di San Nicola! Questa la cornice entro la quale colloco il pittore Italo Iammarino. Sembra di parlare di qualcuno che non c’è più, ed invece è tornato un amico dopo la depressione e il dolore per un figlio scomparso. Senza questa premessa non si può comprendere la gioia di vederlo ancora una volta esporre, sapendo di essere accolti seduto dietro una scrivania in legno con la foto incorniciata di Salvatore, un fiore e un lumino. Spetta a chi vorrà vedere i suoi quadri interpretare la sua arte, che è sicuramente cambiata divenendo più cupa. Non ho la serenità per giudicarlo, ma attraverso un’intervista di pochi minuti, senza rete, ho voluto fissare il personaggio Italo. La registrazione è stata trascritta così come è venuta. Iammarino torna a esporre nella sua città natale dopo un’assenza. In questi mesi hai perso un figlio. Cosa è cambiato? «Dopo la morte di Salvatore ho buttato colori, pennelli, ho rotto il cavalletto e le tele. Sono stato mesi aletto. Dopo ho sentito una voce, la sua voce che mi diceva: papà sei uno stronzo, tu sei un grande artista, riprendi a dipingere. E mi è venuto un fuoco dentro, un vulcano. E ho ripreso a di-pingere facendo questi quadri nuovi. Colori che non ho mai usato, tu mi conosci. Trasparenze, immaginazioni, e continuo a dipingere, questo fuoco non si è spento». Un fuoco che ha riacceso la tua voglia di imbrattare le tele e che ha trasformato il tuo stile, la tua pittura. Ci sono delle novità cromatiche anche se in gran parte dei disegni c’è la tua riconoscibilità. «Perché queste sono le radici, le radici non si possono rinnegare. Come tu hai sempre avuto la vocazione del giornalismo e ora sei un direttore di giornale. Tu hai iniziato da giovane, parlavi e scrivevi in italiano. Così è stato per me. E’così». Questa necessità del colore? «Beh, il colore. Il colore. Il mio professore di scenografia mi portava nel suo studio a vedere dei colori splendidi. Lui usava giallo, rosso, bianco e nero. Tirava fuori una gamma di verdi infiniti, arancione lo stesso. Ma poi passava ai ternali, che sono le terre e i grigi. Difficilissimo. Tutto dipende dal dosaggio. Stavo dipingendo un’opera molto importante. Non riuscivo a trovare un grigio. Avevo la brocca con l’essenza di trementina per sciacquare i pennelli. Li sciacquavo in superficie ed ero rattristato da questo grigio che non usciva. Poi ho guardato nel fondo, e ho notato che si era formato un deposito: ho attinto il pennello sotto, l’ho messo sulla tavolozza. Ecco il grigio che mi mancava». Italo, con tutto questo racconto cosa vuoi farmi capire o cosa vuoi svelare della ritrovata voglia di tornare a lavorare? «Ho attinto nel fondo dove c’era il deposito dei colori...». Il fondo della tua anima, della tua esistenza... «Il fondo dell’anima. Il vangelo è pieno di colore. Leggiti la Passione di San Matteo. Tu puoi vedere i colori dell’orto degli ulivi. I colori bui. Anche se leggi D’Annunzio vengono fuori i colori, se leggi Levi ti accade la stessa cosa. I colori dell’anima». Italo Iammarino, in questa personale la tua anima esce allo scoperto, con più forza rispetto al passato? «Ho sempre dipinto con l’anima. Mio zio prete diceva: Italo, prima il cuore e poi il cervello». E questa volta... «Sempre il cuore e l’amicizia, la mia grande medicina. Io soffro di bipolarismo. Depressione tremenda. Quando parlo con un amico come te mi scende una dolcezza dentro che annulla tutte le nebbie oscure che ti tolgono la voglia di vivere». Chi ho davanti? E’ il vero Italo Iammarino di sempre o quello caduto nel buio della depressione prima e del dolore di padre dopo? «Sono sempre il tuo amico Italo e lo sarò sempre, per te come per gli altri». Di questi quadri esposti al Mattioli quale ti sembra il più tuo, il più corrispondente al tuo attuale stato d’animo? Mi prende per mano e mi porta a vederlo. «Vedi questo qua. L’ho fatto dopo che ho metabolizzato la morte di Salvatore. E’ un quadro tremendo. Qui c’è Van Gogh». Ma non è Italo Iammarino. «Boh. Quando un demone si impossessa di te ti fa fare delle cose che non vorresti fare mai». Però poi i portali delle chiese son tornati e le immagini che ricordano la tua Vasto. «La mia tranquillità. Ho settantacinque anni. Camperò un anno, due anni, forse tre ancora. Ho oltre milletrecento opere in giro per il mondo. E poi ho una cosa che te la dico con tutto il cuore. I soldi che ho preso sono volati via, ma quando ho la possibilità di donare una mia opera a un amico sono felice perché quel quadro è come se fosse a casa mia: posso rivederlo quando mi pare e piace. D’Annunzio scrisse: io ho quel che ho donato. Pensaci, non i soldi, ma il dono». Questo è l’artista Italo Iammarino. Chi lo conosce lo riconoscerà da queste poche parole. La mostra è aperta, chi vuole può andarlo a trovare. Con il contatto direttosi potrà meglio apprezzare la sua arte che in questa parte del suo cammino racconta pezzi nuovi della sua vita segnata dal passare degli anni e dal dolore come il cammino di ogni uomo e donna del nostro tempo.
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