Vivace, profonda e riflessiva ma allo stesso tempo con punte d’ironia, ci si sente arricchiti alla fine della serata. Può capitare di assistere a convegni, incontri, presentazioni con lo sguardo fisso sull’orologio in attesa della fine. Ieri sera, invece, si è giunti alla conclusione quasi senza accorgersene. Pronti a rimanere ancora ore ad ascoltare, a lasciarsi accompagnare in quel che è stato quasi un viaggio accompagnati dai due brillanti relatori. Le attese sono state ampiamente ripagate: la prima serata del ciclo di quest’anno “Scrittori in piazza”, organizzato dalla Nuova Libreria di piazza Barbacani, è stato ampiamente all’altezza di quel che prometteva.
Stimolato dalle riflessioni e dalle domande di Nicholas Tomeo il giornalista, guida escursionistica e scrittore Savino Monterisi ha catturato l’attenzione della folta platea. È stato quasi un viaggio tra le montagne, le valli e comunità vive, attive, con radici profonde, e nella biografia di un ragazzo partito per l’Università, a Roma per diversi anni, e poi rientrante a Sulmona. Protagonista della vita sociale, culturale e politica, promotore di un collettivo in prima linea nelle vertenze ambientali e nella riscoperta di radici di una storia che può essere ancora presente. Tutto questo, e tanto altro, è il filo che unisce le due pubblicazioni di Savino Monterisi “Cronache dalla restanza” e “Infinito restare”. La presentazione di questa seconda pubblicazione è stata al centro della serata e, allo stesso tempo, occasione per una riflessione, una condivisione, un racconto molto più ampio. Può apparire una sfida parlare di montagna e delle comunità che vi abitano in riva al mare, cercare quel che unisce e storie collettive che hanno tanti tratti in comune. E forse sono, in realtà, capitoli della stessa storia comune. Ed è stata una sfida ampiamente riuscita. Smontando molti luoghi comuni, molte narrazioni intorno alla turistificazione di massa, alla riduzione in cartolina di luoghi come monti e valli. In cui si subiscono paradossi come l’utilizzo dell’acqua potabile in tempi di siccità per soddisfare le esigenze del turismo di massa, di strade che nei giorni di punta arrivano allo stesso livello delle più grandi metropoli, di abitanti considerati soggetti passivi in processi che trasformano loro quasi in “turisti” dei loro territori per piegare tutto al turismo di massa.
“Un paese ci vuole, non fosse per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti” scrisse Cesare Pavese. Una riflessione che torna alla mente ascoltando Savino Monterisi dire che ai giovani di oggi consiglia di viaggiare, allontanarsi dalla propria terra per conoscere il mondo. E poi tornare, per restare nella terra che ti aspetta, nella terra che senti ti appartiene e in cui si può non essere soli e c’è tanto di proprio.
Prima dell’inizio della presentazione abbiamo intervistato Savino Monterisi che ci ha raccontato come sono nate le due pubblicazioni, i temi e ha condiviso con noi alcune riflessioni sulla vita delle comunità, sulla restanza elaborata dall’antropologo calabrese Vito Teti.