La notizia della vittoria del giornalista di Cupello, Alessandro Leone, che insieme a Marika Ikonomu e Simone Manda ha vinto il Premio Roberto Morrione, realizzando l’inchiesta “Sulla loro Pelle”, sta facendo discutere proprio a Cupello. L’amministrazione ha comunicato di voler organizzare un evento per celebrare la sua vittoria ma Alessandro Leone, non solo rifiuta ma scrive un post su Facebook per chiarire le sue posizioni.
“Ho ricevuto oggi la notizia che il Comune di Cupello – quello in cui sono cresciuto, dove inevitabilmente risiede un pezzo del mio cuore, oltre ad alcuni dei miei migliori amici — ha intenzione di organizzare un evento per celebrare la vittoria del Premio Morrione.” Scrive sul suo profilo Facebook Alessandro Leone. “Sebbene mi faccia ovviamente piacere un riconoscimento da parte della mia terra natia, mi vedo costretto a rifiutare. Questa decisione è da interpretare come una manifestazione del mio dissenso nei confronti dell'azione legale che alcuni esponenti di questa amministrazione comunale stanno intentando ai danni di concittadini/e, colpevoli di aver avuto l'ardire di criticare in modo manifesto l'operato del Comune principalmente sui social network. In quanto giornalista per me sarebbe irrispettoso oltre che contraddittorio accettare la partecipazione a questo evento perché credo nella libertà di parola e di conseguenza nella possibilità di esprimere critiche, opinioni, accuse contro qualsiasi forma di potere. È un principio base che, se toccato, degrada lo stato di salute della nostra democrazia, in qualsiasi contesto avvenga.
Grazie al Morrione io, Simone e Marika abbiamo lavorato incessantemente a un'inchiesta sui Cpr, i luoghi dove le persone migranti vengono rinchiuse senza aver commesso alcun reato con lo scopo finale di rimpatriarle nei loro paesi di origine. Sono centri di detenzione amministrativa ma di fatto, come ci hanno confermato tutti, finiscono per essere peggio di un carcere, perché non esistono le stesse tutele. È proprio a quelle persone che hanno vissuto e vivono ancora questa terribile esperienza che abbiamo voluto dare voce. E lo abbiamo fatto sfidando i divieti delle Prefetture, che dovrebbero vigilare sul rispetto dei diritti umani. Quindi si tratta, in parole povere, di un sistema che rende questi esseri umani invisibili e continua a perpetrarsi grazie alla sua opacità.
Sembra un episodio che non ha nulla a che fare con quello che sta succedendo a Cupello, ma in realtà ha molte similitudini, perché se un'amministrazione comunale cerca di silenziare i concittadini e le concittadine scegliendo la via legale al di sopra del dialogo può costituire un precedente pericoloso che indebolisce la capacità critica della popolazione e impedisce alle persone che hanno l'onere di amministrare una riflessione che abbia come compito non quello di mantenere lo status quo ma di crearne uno migliore.
Per tutte queste ragioni esprimo nuovamente il mio disaccordo con questa scelta e invito chi di dovere a fare un passo indietro e a cercare la via del dialogo. Mi preme sottolineare ancora una volta che il mio non è un rifiuto generalizzato che coinvolge Cupello in quanto paese (anzi, vi ringrazio immensamente per le manifestazioni di stima e affetto) ma solo gli amministratori che sono dietro questa decisione.
Non sono un grande amante dei dibattiti sui social network e ho sempre preferito guardare la realtà in prima persona e affidarmi alla parola scritta per raccontare nel modo più giusto possibile ciò che ho di fronte. Questa volta ho scelto di farlo perché mi premeva specificare che i valori del giornalismo non possono entrare in contraddizione con un attacco ai principi in cui credo. Grazie infinite per la comprensione.”
“Questa mattina, la chiamata l’hai ricevuta da me, Valentina Fitti.”, risponde Valentina Fitti, consigliere comunale di Cupello, su Facebook, “La stessa persona con la quale hai condiviso diversi momenti della tua infanzia. Volevo congratularmi, sinceramente, perché non sai quanto mi abbia fatto piacere sentire la notizia. Evidentemente, la tua vittoria e la mia chiamata hanno creato i presupposti per un assist politico. I miei toni di felicitazione non avevano nulla di politico. Rispondere con un post su Facebook per tornare sul tema che riguarda una questione a te cara e per noi dolorosa, mi dispiace, non la capisco. Avresti potuto farlo (rispondere ad una azione dell’amministrazione), senza riferimenti alla mia chiamata, che, ripeto, era spoglia da ogni intenzione diversa dal felicitarmi con te. Parli di parlare, ritieni di migliorare, riteniamo tutti che si possa arrivare a una condizione migliore (e me lo auguro con tutto il cuore), ma chissà se Facebook ci darà mai la patente per poterlo fare. Intanto, ti auguro di candidarti un giorno e vivere l’esperienza da vicino, toccandola con mano. Intanto, ti auguro tutto il bene di questo mondo.”