La Pasqua è vicina… ecco una ricetta della tradizione

Lucia Santorelli, storica uncinettina di Trivento, parla della Pigna Pasquale, dolce tipico di tutta l’Italia del Sud dal cui impasto si facevano poi pupe e cavallucci pasquali

Rosaria Spagnuolo
05/04/2022
Enogastronomia
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Per tutti gli amanti della tradizione, la Pasqua è vicina e tanti sono i dolci tipici, tra questi c’è la Pigna, tipico dolce della tradizione del Sud d’Italia preparato proprio in questo periodo, si solito decorata con la glassa di zucchero, con tanti confettini colorati, ma molti la servono al naturale. Il bianco candido della glassa di zucchero, chiamata “naspro” nell’idioma dialettale, richiama il candore della colomba pasquale, simbolo di pace e di speranza. Sono dolci pasquali dell'Alto Vastese, ma anche molisani, prelibati prodotti fatti a mano che rappresentano comunque una parte della cultura locale. E' una specie di ciambella con un ripieno di mandorle. 

Esistono in verità delle lievi differenze nella ricetta a seconda dei vari paesi. E' un dolce così tipico della tradizione montana del Vastese che è addirittura entrato in alcuni detti e proverbi popolari: ''la pigna che non si fa a Pasqua non si fa più'', a significare che nel corso della vita ci sono cose che vanno fatte in determinati momenti e non in altri. 

La ricetta antichissima che viene proposta viene da Lucia Santorelli, storica uncinettina di Trivento. 

Ricetta: 1 kg farina, 600 g zucchero, 500 g strutto, 400 g mandorle tritate grossolanamente (lasciare qualcuna intera per la decorazione), 20 tuorli di cui due uova intere, 2 limoni grattugiati.

“Questa è la ricetta della spensieratezza”, racconta Lucia Santorelli,” dei ricordi di bambina quando nonna Domenica e la moglie di suo nipote, zia Natalina, cominciavano a pensare alla pigna dolce. La vera preoccupazione era " A quanto stanno le mandorle quest'anno?", Eh sì, perché le mandorle allora come oggi erano molto costose e per fare le pigne bastanti per sfamare un reggimento, se ne andava un patrimonio!

Dovevano bastare almeno fino "all'ottava di Pasqua" che cadeva esattamente dopo otto giorni dalla festa. Una festa straordinaria che iniziava con l'approvvigionamento di tutti gli ingredienti. Rivedo ancora le mani candide di mia nonna che lasciavano le impronte delle dita sopra la superfice del dolce e quel gesto era l'ingrediente principale senza il quale non avrebbe avuto quel sapore e quel profumo.

Dopo aver riempito decine di "ruoti" si passava a fare le pupe, i cestini e i cavallucci, con gli avanzi delle pigne più l'aggiunta di altra farina per aumentare l'impasto rendendolo sì più povero, ma più carico di amore. Ho ritrovato questa ricetta perduta, che mia nonna faceva "a memoria" per sentire quel profumo di nonna, di amore.” 

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