Riceviamo e pubblichiamo da Associazione civica Porta Nuova, Italia Nostra del Vastese, Arci, Wwf Zona Frentana e Costa Teatina, Forum Civico Ecologista Vasto e Gruppo Fratino Vasto una nota a riguardo della Zes, la zona economica speciale in progetto nell'area di Punta Penna.
1. Le Zone Economiche Speciali (ZES) sono uno strumento ampiamente sperimentato negli ultimi decenni in Cina, nel terzo mondo e nei paesi dellâEuropa orientale, che prevede per le imprese insediate in un determinato territorio una legislazione economica differente dalla legislazione in atto nella nazione di appartenenza. Erano in Europa occidentale una fattispecie pressoché completamente inedita fin quando il DL 91/2017 la introdusse nellâordinamento giuridico italiano. Da allora è stato avviato lâiter istitutivo di 8 ZES, tutte ubicate (secondo la normativa) nelle zone portuali e retroportuali dellâItalia meridionale. Tra queste figura lâAbruzzo.
2. In Abruzzo il dibattito pubblico sulla ZES è stato pressoché nullo. Un coro unanime di consensi, e per ultimo qualche protesta per la nomina di un commissario romano, niente di più. Il tutto nella migliore tradizione locale: se arrivano dei soldi non ci sono problemi di sorta. Ma una ZES pone delle questioni che vanno ben al di là dellâambito locale. Scrive lâEconomist: âLa mania delle ZES suggerisce che troppo spesso i governi li vedano come una facile conquista: fare un annuncio, mettere da parte un poâ di terra, offrire agevolazioni fiscali, e â via! â le regioni in perdita o le industrie in difficoltà sono sanate. Se solo fosse così facile. Per quanto popolari, le ZES sono spesso un flopâ.
3. Le ZES âcreano distorsioni allâinterno delle economieâ (ancora lâEconomist), e possono favorire investimenti speculativi. Il rischio, si legge sul giornale di Confindustria (nazionale), è quello di replicare i guasti già emersi nei decenni di intervento straordinario nel Mezzogiorno. Una ZES, secondo la World Bank, può essere efficace a determinate condizioni: âNon è lâesistenza di un regime di zona economica speciale, di un piano generale convincente, o persino di unâinfrastruttura completamente costruita che farà la differenza nellâattirare investimenti, creare posti di lavoro e generare ricadute sullâeconomia locale. Piuttosto, è la rilevanza dei programmi della zona economica speciale nel contesto specifico in cui sono introdotti, e lâefficacia con cui sono progettati, implementati e gestiti su base continuativa che determineranno il successo o il fallimentoâ. Lâelemento determinante è dunque il contesto: quello economico e quello istituzionale. Ma è proprio questo che presenta le criticità maggiori, che fanno della ZES abruzzese un caso unico su scala nazionale.
4. La ZES è un vestito troppo largo per le dimensioni della regione. La legge nazionale delimita lâestensione della ZES alle aree portuali e retroportuali e a quelle che con esse presentano un ânesso economico-funzionaleâ. Ma lâAbruzzo non ha aree portuali o retroportuali di una certa ampiezza come invece hanno tutte le 7 altre ZES italiane (Napoli-Salerno, Gioia Tauro, Brindisi, Augusta, Taranto, Palermo, Cagliari); né queste di conseguenza hanno mai costituito dei poli di sviluppo per i loro territori. Ciò ha comportato notevoli criticità .
5. Anzitutto la difficoltà a definire una direzione progettuale univoca. Dal 2018 ad oggi la Regione Abruzzo ha prodotto ben quattro diverse edizioni del Piano di Sviluppo Strategico: ottobre 2018, febbraio 2019, giugno 2019, marzo 2020. In secondo luogo, la disseminazione del perimetro della ZES un poâ dovunque per tutta la regione, da Sulmona ad Avezzano a Roccaspinalveti, anche laddove il collegamento funzionale sembra quantomeno discutibile, secondo una logica verosimilmente particolaristica o clientelare. In terzo luogo, il rischio concreto che le scorciatoie normative previste producano in taluni casi effetti devastanti per il territorio. à precisamente il caso di Punta Penna a Vasto.
6. A Vasto la perimetrazione della ZES ha ovviamente risentito della confusione progettuale dimostrata dalla politica regionale. Si è passati da 583 a 227 a 55 ettari. Il problema, tuttavia, non è lâestensione, sono le scorciatoie procedurali, presenti e future, previste dalla normativa: scorciatoie forse comprensibili altrove, ma certo preoccupanti in un luogo sentito come patrimonio comune da tutta la popolazione, a ridosso di una Riserva Naturale protetta, di unâarea SIC e di unâarea archeologica di notevole importanza. Allo stato attuale la legge prevede lâadozione di âprocedure semplificate e regimi procedimentali speciali sulla base di criteri derogatoriâ in materia ambientale e paesaggistica; ma soprattutto la creazione di un ente speciale, detto Comitato di indirizzo (composto dal Presidente dellâAutorità portuale, da un rappresentante della regione, da un rappresentante della Presidenza del Consiglio e da uno del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) dotato di ampi poteri tra cui quello di assicurare âgli strumenti che garantiscano lâinsediamento e la piena operatività delle aziende presenti nella ZESâ. In più la Regione Abruzzo, di suo, nellâultima versione del Piano di Sviluppo Strategico aggiunge lâintenzione di attribuire la qualificazione di ârilevante interesse pubblico regionaleâ ad ogni attività svolta in zona ZES; e, come non bastasse, âla liberalizzazione delle attività economiche e dâimpresa, prevedendo che possano essere sottoposte a semplice comunicazione di inizio attività , salvo eccezioniâ â qualunque cosa questo possa significare. Se il progetto della centrale a biomasse o quello del cosiddetto cementificio â che con fatica e attraverso una mobilitazione cittadina sono stati respinti â fossero stati presentati con la base normativa che si va delineando, è molto probabile che sarebbero passati senza colpo ferire.
7. Il rischio non è remoto, è incombente. Nei giorni scorsi le associazioni degli imprenditori locali Assovasto e Confindustria Chieti-Pescara hanno presentato alle autorità competenti la loro proposta di delimitazione della ZES in territorio di Punta Penna. La si trova in allegato. Come si vede, la disseminazione regionale della perimetrazione viene riprodotta in scala locale sulle singole particelle catastali, creando una sorta di vestito di Arlecchino a misura e dimensione delle mire particolari dei privati. Più nello specifico vi si può ammirare il progetto di occupare il lato mare di via Osca, proprio di fronte allo stabilimento di Puccioni SpA (è il lungo riquadro verde nella mappa), da tempo sottoposto a doppio vincolo archeologico e paesaggistico. Un bellâesempio di responsabilità sociale delle imprese.
8. I nostri politici dovrebbero capire che delle norme concepite per zone come Taranto, Augusta o Gioia Tauro non sono adatte al nostro territorio. Le zone sottoposte a vincoli vanno escluse. Del resto è il principio che hanno seguito le stesse Regioni Puglia e Molise, Sicilia, Calabria. Ma più in generale sarebbe ora che i nostri amministratori locali si assumessero finalmente le proprie responsabilità : dare un indirizzo chiaro e definito alla zona industriale di Punta Penna, evitando lâinsediamento di impianti ad alto impatto ambientale. Si può fare, se lo si vuole, modificando opportunamente il PRT e/o il PAN. à una questione in ballo da anni, oggi è divenuta urgente. Domani potrebbe essere troppo tardi.