Il prossimo 23 novembre ricorrerà il centenario della nascita di don Felice Piccirilli (Vasto 23 novembre 1912-LâAquila 26 maggio 1968). Indimenticabile parroco della Cattedrale di Vasto negli anni difficili della guerra e della ricostruzione. In attesa di quella data ci sembra auspicabile che venga ricordato, magari in ambiente scolastico, soprattutto per farlo conoscere ai più giovani, a coloro che non ebbero la grazia di conoscerlo. Attorno alla Cattedrale di Vasto, per oltre venti anni (1942/1968), hanno ruotato speranze, interessi, aspettative, ansie, risentimenti, che hanno âfattoâ la storia di Vasto (si pensi soprattutto alla âCasa del Fanciulloâe alla âDomus Pacisâ, ma anche alle vicende laceranti della lista âFaroâ). Molti insegnamenti di don Felice non hanno limiti di tempo e di spazio e si pongono allâattenzione di oggi con la stessa freschezza di quegli anni lontani: quel gusto di presentare il Cristianesimo nei suoi massimi precetti della carità e dellâamore, quella solidarietà umana genuina, la concezione della vita come puro servizio, quella ricerca di far seguire allâ annuncio della âParolaâ, la testimonianza delle opere... Eâ vero, come ha detto qualche politico, che don Felice a volte âconfondeva il possibile con lâidealeâ, ma sono stati proprio gli ideali che hanno segnato la storia dellâumanità . Hanno accelerato i processi di trasformazione, hanno reso più vivibile la società umana. La storia è piena di grandi idealisti che hanno âsognatoâ conquiste fondamentali per lâuomo. Penso agli ideali di Martin Luther King e di Ghandi. Ma soprattutto penso agli ideali della âBeatitudiniâ che âinfiammanoâ da duemila anni la storia del Cristianesimo. A rileggerle oggi tante scelte pastorali di Don Felice appaiono profetiche, e si resta sorpresi dalla consonanza dei suoi insegnamenti con le scelte che poi furono fatte dal Concilio Vaticano II soprattutto in materia di dottrina sociale e di valorizzazione del laicato. Ecco, sul ruolo che ebbe il laicato nella storia pastorale di don Felice penso che ci sia ancora da scrivere molto e rendere testimonianza dei tanti giovani e meno giovani, ragazzi e ragazze che lavorarono per quella parrocchia con generosità ed umiltà seguendo lâinsegnamento evangelico che chiede di dare senza aspettarsi la ricompensa: âMutuum date nihil inde sperantesâ. Anche don Felice, a chi ha fatto del bene non ha mai presentato il contoâ.