Il Circolo "Sante Petrocelli" del Partito della Rifondazione Comunista-Federazione della Sinistra di Vasto ritiene di evidenziare alcuni aspetti circa il progetto di videosorveglianza. INEFFICACIA NELLA REPRESSIONE DEI FENOMENI CRIMINOSI Da sempre sosteniamo lâimportanza delle politiche di prevenzione, come i progetti messi in atto nellâambito delle politiche sociali e giovanili, al fine di risolvere ab origine le cause dei comportamenti criminali, piuttosto che mettere in atto strategie di controllo già dimostrate inefficaci in realtà come Londra, la prima città al mondo a dotarsi di un sistema di videosorveglianza, dove nonostante lâingente spesa pubblica sostenuta i risultati nel contrasto al crimine sono fallimentari. La deterrenza e la prevenzione risultano essere una debole argomentazione su cui poggiano i discorsi dei sostenitori della videosorveglianza: una politica basata sul mero controllo del crimine è incapace di risolvere il problema alla radice. Infatti, proponiamo unâadeguata e incisiva azione da svolgere nellâambito delle politiche sociali, che deve necessariamente seguire ad una preliminare indagine conoscitiva e sociologica condotta da esperti di settore, circa i fabbisogni delle nuove generazioni, i disagi sociali e le cause dei fenomeni criminosi nella nostra città . Senza tale indagine è impossibile evitare il loro verificarsi. LIMITI NORMATIVI Inoltre riscontriamo alcuni limiti normativi allâinstallazione del sistema di videosorveglianza sul territorio comunale. à chiaramente indicato nel Regolamento sulla videosorveglianza adottato dal Comune (Delibera del Consiglio Comunale, n. 23, 23 marzo 2010) che la rete di telecamere deve andare a coprire i âpunti nevralgiciâ. Questi non sono indicati nel regolamento ma sono stati scelti a discrezione della Prefettura. Ma lo stesso Regolamento ricorda che nellâadozione di una rete di telecamere per la videosorveglianza devono essere «escluse finalità di sicurezza pubblica, prevenzione o accertamento dei reati, che competono ad altri organi», ossia non sono di esclusiva competenza dellâamministrazione locale. Soprattutto, le norme nazionali impongono che i dati personali oggetto di trattamento (tra i quali rientrano le immagini da videosorveglianza) siano «raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi». In sostanza non si può giustificare una raccolta e registrazione dati con una generica necessità di prevenzione e deterrenza di potenziali atti criminosi. Come ha ribadito anche il Garante della Privacy, ai Comuni spetta unicamente la possibilità di decidere sullâutilizzo della videosorveglianza al fine di garantire la sicurezza urbana, ossia predisporre un insieme di misure atte a tutelare il patrimonio pubblico e il controllo della circolazione veicolare. Ciò è cosa ben diversa dalla sicurezza pubblica che attiene alla tutela dellâintegrità fisica della popolazione il cui compito spetta soprattutto alle Forze dellâordine, aspetto poco chiaro a molte forze politiche. CONCLUSIONI Non viene negata la validità di un sistema di telecamere per controllare il traffico veicolare, ma alla luce della sua sperimentata inutilità ai fini della sicurezza, il progetto attuale dovrebbe essere rivisto, soprattutto in ragione del fatto che le somme risparmiate potrebbero essere più proficuamente destinate a politiche sociali di prevenzione e contrasto di quelle situazioni di degrado e isolamento urbano, da cui originano i fenomeni criminosi.