Progetti di videosorveglianza: tra 'limiti oggettivi' e 'ostacoli legislativi'

La posizione del Circolo 'Petrocelli' di Rifondazione Comunista

riceviamo e pubblichiamo
11/03/2012
Attualità
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Il Circolo "Sante Petrocelli" del Partito della Rifondazione Comunista-Federazione della Sinistra di Vasto ritiene di evidenziare alcuni aspetti circa il progetto di videosorveglianza. INEFFICACIA NELLA REPRESSIONE DEI FENOMENI CRIMINOSI Da sempre sosteniamo l’importanza delle politiche di prevenzione, come i progetti messi in atto nell’ambito delle politiche sociali e giovanili, al fine di risolvere ab origine le cause dei comportamenti criminali, piuttosto che mettere in atto strategie di controllo già dimostrate inefficaci in realtà come Londra, la prima città al mondo a dotarsi di un sistema di videosorveglianza, dove nonostante l’ingente spesa pubblica sostenuta i risultati nel contrasto al crimine sono fallimentari. La deterrenza e la prevenzione risultano essere una debole argomentazione su cui poggiano i discorsi dei sostenitori della videosorveglianza: una politica basata sul mero controllo del crimine è incapace di risolvere il problema alla radice. Infatti, proponiamo un’adeguata e incisiva azione da svolgere nell’ambito delle politiche sociali, che deve necessariamente seguire ad una preliminare indagine conoscitiva e sociologica condotta da esperti di settore, circa i fabbisogni delle nuove generazioni, i disagi sociali e le cause dei fenomeni criminosi nella nostra città. Senza tale indagine è impossibile evitare il loro verificarsi. LIMITI NORMATIVI Inoltre riscontriamo alcuni limiti normativi all’installazione del sistema di videosorveglianza sul territorio comunale. È chiaramente indicato nel Regolamento sulla videosorveglianza adottato dal Comune (Delibera del Consiglio Comunale, n. 23, 23 marzo 2010) che la rete di telecamere deve andare a coprire i “punti nevralgici”. Questi non sono indicati nel regolamento ma sono stati scelti a discrezione della Prefettura. Ma lo stesso Regolamento ricorda che nell’adozione di una rete di telecamere per la videosorveglianza devono essere «escluse finalità di sicurezza pubblica, prevenzione o accertamento dei reati, che competono ad altri organi», ossia non sono di esclusiva competenza dell’amministrazione locale. Soprattutto, le norme nazionali impongono che i dati personali oggetto di trattamento (tra i quali rientrano le immagini da videosorveglianza) siano «raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi». In sostanza non si può giustificare una raccolta e registrazione dati con una generica necessità di prevenzione e deterrenza di potenziali atti criminosi. Come ha ribadito anche il Garante della Privacy, ai Comuni spetta unicamente la possibilità di decidere sull’utilizzo della videosorveglianza al fine di garantire la sicurezza urbana, ossia predisporre un insieme di misure atte a tutelare il patrimonio pubblico e il controllo della circolazione veicolare. Ciò è cosa ben diversa dalla sicurezza pubblica che attiene alla tutela dell’integrità fisica della popolazione il cui compito spetta soprattutto alle Forze dell’ordine, aspetto poco chiaro a molte forze politiche. CONCLUSIONI Non viene negata la validità di un sistema di telecamere per controllare il traffico veicolare, ma alla luce della sua sperimentata inutilità ai fini della sicurezza, il progetto attuale dovrebbe essere rivisto, soprattutto in ragione del fatto che le somme risparmiate potrebbero essere più proficuamente destinate a politiche sociali di prevenzione e contrasto di quelle situazioni di degrado e isolamento urbano, da cui originano i fenomeni criminosi.

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