Câè una pubblicazione ufficiale del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali che spiega in modo esemplare gli errori del Piano operativo sanitario, quello dei tagli ai posti letto e della chiusura dei piccoli ospedali. Si tratta del âRapporto 2010 sulla non autosufficienza in Italiaâ, uscito proprio in questi giorni, dove si legge: tagliare i posti letto si può e si deve, con risparmi molto significativi, se contemporaneamente funzionano sul territorio i servizi come lâassistenza domiciliare programmata (a cura dei medici di famiglia), lâassistenza domiciliare integrata (Adi), lâospedalizzazione domiciliare e lâassistenza domiciliare sociale. Ma di questo il Piano abruzzese non sembra tener conto, visti i tempi ristrettissimi delle chiusure. Infatti, più si legge il documento sanitario firmato Chiodi-Baraldi, più si ha lâimpressione di un Piano finanziario per tagliare i pl (posti letto) dei malati acuti solo ai fini del risparmio. Meno, molto meno il Piano si interessa ai servizi reali di assistenza sul territorio come filtro per i ricoveri. E invece proprio dai risultati disastrosi dei Distretti sanitari, nati per abbattere i ricoveri, o delle Utap, le associazioni volontarie dei medici di famiglia che dovevano assicurare lâassistenza h12, nascono le proteste bipartisan contro i tagli: i cittadini si sentono abbandonati perché ora sul territorio non nessun servizio sanitario al posto dellâospedale chiuso. Insomma lâoperazione di riassetto del sistema ospedaliero non è stata accettata perché la certezza dellâassistenza sanitaria viene dopo il risparmio. Bastava incontrare prima (e non dopo, come si sta facendo) gli amministratori locali per conoscere le domande di salute degli abruzzesi, far conoscere i paletti di spesa, organizzare e far funzionare realmente i servizi sul territorio e arrivare così alla deospedalizzazione necessaria a far quadrare i conti. Raccontare oggi che domani tutto funzionerà meglio perché ci sono 800 posti letto in meno non è molto convincente. I RICOVERI DIMINUISCONO CON LâASSISTENZA DOMICILIARE E LA CONTINUITà DELLE CURE - Eppure basta leggere il Rapporto per essere catapultati in alcune realtà virtuose: qui siamo nella Asl 7 del Veneto, a Treviso, 218 mila abitanti, guarda caso proprio il territorio da cui proveniva il commissario Gino Redigolo. In questa Asl, in 15 anni, i pl per acuti e riabilitazione sono scesi da 1.006 a 674. Contemporaneamente la residenzialità extra ospedaliera (Case di riposo, Rsa ecc.) è passata da 1018 a 1393. Cioè i pl acuti sono diminuiti di 332 e quelli extra ospedalieri sono aumentati di 375, con un decremento del tasso di ricovero da 193 a 148 e con un risparmio notevolissimo pari a 70 milioni. Il Rapporto aggiunge molti altri dati che dimostrano come in tutte le Regioni in cui câè una buona assistenza sul territorio ed esistono percorsi definiti per la continuità delle cure, i ricoveri sono ridotti al minimo. Dove invece i ricoveri sono di più, questo equivale a dire che su quel territorio non câè assistenza filtro né continuità , come in Abruzzo. E comunque le Regioni del nord, più organizzate, assistono le persone over 65 in misura tripla rispetto a quante se ne assistono al Sud. Quindi invece di un taglio traumatico, come prevede il Piano, forse la diminuzione dei pl per acuti ottenuta attraverso lâaumento reale dei servizi avrebbe provocato meno proteste, meno errori di calcolo, meno dichiarazioni basate su dati incompleti o inesatti. IN 15 ANNI IN ABRUZZO SONO STATI TAGLIATI 2157 PL - Perché una delle sorprese nel dibattito sui numeri dei pl tagliati â ad esempio câè chi dice che sono di più nel settore pubblico che nel privato - rischia di essere la scoperta che si rischia di âdare i numeriâ quando si parla di dati ospedalieri. Mancano, infatti, dati univoci o condivisi e spesso si gioca sullâequivoco: si fa riferimento ai pl sulla carta (capita negli ospedali pubblici), poi si fa una ricognizione e sono molti di meno. Ricostruendo - un Piano sanitario dopo lâaltro - la storia dei pl dal 1996 ad oggi, e utilizzando i numeri usciti sul Bura, il bollettino ufficiale della Regione Abruzzo, la situazione sarebbe questa: i tagli di oggi sembrano inferiori nel settore delle cliniche, semplicemente perché i precedenti tagli erano già avvenuti in maniera più pesante nella sanità privata che aveva fornito dati corretti e reali. Perciò erano stati più sostanziosi prima e quindi sono meno importanti oggi. Il Piano sanitario 1994-96 prevedeva un totale di 9147 pl (6886 negli ospedali + 2261 nelle cliniche). Quello del 1999-2001 aveva 7252 pl (5911 + 1341), la Legge 6 del 2007 (quella del centrosinistra) era arrivata a 6015 (4883 + 1132). La riduzione totale è stata dunque di 2157 pl (1028 +1129), pari a - 26% complessivo, così diviso: meno 17% negli ospedali, meno 50% nelle cliniche, totale medio della diminuzione meno 26%. Quando la ricognizione per la Legge 6 ha trovato attivati solo 5139 pl nel pubblico, qui il taglio di 256 posti è stato pari al 4,98%. Invece per i privati il taglio di 209 pl su 1341 è stato uguale al 15,6%. Di qui lâimpressione che oggi i privati siano stati avvantaggiati, il che non sembra visti i tagli percentuali precedenti. Come si vede, rispetto allâesempio della Asl 7 del Veneto, anche in Abruzzo sono passati 15 anni dal primo Piano sanitario, ma siamo ancora a discutere su chi ha subìto più tagli e chi meno. Unâapplicazione del âdivide et imperaâ degli antichi Romani, che fa perdere di vista il problema principale: la difficoltà di accettare un Piano che sarà pure corretto (finanziariamente) nei risultati, ma che è un vero e proprio salto nel buio per la qualità dellâassistenza sanitaria. Mancano dappertutto servizi alternativi che funzionano realmente ed invece si fa strada una certezza: solo chi può pagare è sicuro di essere curato.