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A 20 anni dalla morte di Ezio Pepe, 'ambasciatore della vastesità'

Un doveroso omaggio all'indimenticabile 'Zì Culucce'

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Personaggio unico del suo genere, Ezio Pepe fu animatore culturale per oltre mezzo secolo.

Dirigente di squadre di calcio, popolare conduttore di "RadioVasto", organizzatore di scambi con i vastesi all'estero e della Festa del Ritorno, cooperatore salesiano, ideatore del Premio di Poesia dei Salesiani, animatore di tante altre iniziative, tra cui quelle di Carnevale come il Ballo Muto e "la Storie".

Un doveroso omaggio verso la sua figura, con un sentito ringraziamento della città per quanto egli ha fatto per tener viva la vastesità.

 

EZIO PEPE, di Lino Spadaccini

Vent'anni fa, il 25 gennaio 1995, ci lasciava Ezio Pepe, conosciuto anche come Zì Culucce, poeta e cultore della tradizione dialettale e ambasciatore della vastesità nel mondo.

I più giovani ricordano Ezio Pepe nel suo negozio di rivendita di Elettrodomestici Rex e bombole del gas lungo corso Mazzini, ma in realtà il suo primo mestiere è stato quello di muratore, lo stesso del padre Ignazio, il quale, tuttavia, preferì mandarlo a farsi le ossa con uno zio, mastro Nicola Pepe.

Ancora oggi è vivo il ricordo di Nicola D'Annunzio, amico d'infanzia di Ezio Pepe, emigrato nel 1951 nel West Australia. «Ezio ed io eravamo della stessa età – ricorda l'amico fraterno – A scuola frequentavamo la stessa classe, eravamo praticamente inseparabili: io gli raccontavo i miei sogni e lui i suoi. Addirittura volle che io fossi con lui durante la lettura del testamento della madre, morta molto giovane. Quando formai l'Azione Cattolica nella chiesetta di S. Lucia, ero presidente e detti l'incarico a lui di vice presidente, mentre a Nicola Fiore quello di segretario. Nella sagrestia della chiesa, giocavamo a calcio balilla e facevamo allenamenti di boxe, mentre sopra tavole arrangiate giocavamo a ping pong. Facevamo di tutto insomma! Fino a quando il 4 maggio del 1949 accadde la sciagura di Superga. La sera stessa chiamai lui per primo e poi Nicola Fiore e decisi di chiamare il nome della nostra squadra di calcio "Bacigalupo", in onore del grande portiere del Torino Valerio Bacigalupo. Io all'età di 8 anni ogni lunedì compravo il Corriere dello Sport, e sono diventato tifoso del Torino proprio per Bacigalupo. Lui era magico e il suo motto era "Il pallone è mio nemico, la porta è la mia casa e io non permetto che il nemico entri in casa mia". Valerio Bacigalupo aveva solo 5 anni più di me».

I soci fondatori della Bacigalupo, furono oltre a Nicola D'Annunzio (primo presidente) ed Ezio Pepe e Nicola Fiore, anche Don Filippo Lucarelli, Antonio Peluzzo, Francesco La Verghetta, Giuseppe e Giovanni Salvatorelli, Cenzino Sabbatini, Vittorio Marrocco, Antonio Menna e Santino Reale. Furono anni difficili, soprattutto a causa della mancanza di fondi. Nicola D'annunzio ricorda che fu addirittura costretto a vendere gassose ai passanti, per poter comprare con il ricavato undici magliette bianche, che fece tingere di granata per i giocatori e di nero per il portiere.

«Lasciai l'Italia nel 1951 – ricorda ancora Nicola D'Annunzio – e rividi Ezio nel 1972 e poi ancora a Perth in occasione del Gemellaggio. Ricordo l'episodio come fosse avvenuto oggi: ci abbracciammo e piangemmo entrambi, poi mi disse che voleva conoscere i miei figli e quando li vide, disse loro "Io sono qui per lui!". Non posso ripetere le parole che ha pronunciato, perché sono troppo di elogio, ma i miei figli quelle parole non le hanno mai dimenticate».

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