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Enoturismo: l’Azienda Fontefico come esempio di marketing territoriale

Nicola Altieri: “Il nostro obiettivo è di imprimere nei turisti il ricordo di Vasto e dell'Abruzzo!”

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Non c'è nessuno che conosca il segreto del futuro. Quello che vi serve è del vino, dell'amore e del riposo a piacere.”

Omar Khayyam, matematico e filosofo persiano conosciuto come il cantore del vino, è solo uno dei tanti intellettuali e poeti che hanno scritto versi e pensieri ispirati a questo amato nettare.

Certo, la potenzialità del vino, sancita dalla nostra cultura, ha fatto sì che conquistasse un posto di rilievo non solo sulle nostre tavole e nella vita collettiva, ma anche nel settore agroalimentare nazionale.

Secondo gli ultimi dati ISTAT, la produzione stimata per il 2018 è di 49 milioni di ettolitri, registrando un incremento del 15 % rispetto allo scorso anno (con 42,5 milioni), confermando quanto esso faccia bene al mercato, all’economia e al lavoro.

Se poi vogliamo scoprire l’anima che c’è dietro a queste statistiche, ritroviamo le storie di chi, con passione, tenacia e studio, è riuscito a lanciare il proprio “buon” prodotto, trasmettendone la sua forte identità locale ed esaltandone al massimo le sue origini e radici, facendo, in altre parole, del marketing territoriale.

“Tutto è partito, più di vent'anni fa con l'acquisto dei Vigneti da parte dei miei genitori. Poi noi ci siamo messi a fare il vino, all'inizio per gioco, e poi sempre più seriamente, finché dal 2006 esistono i vini che ci sono tutt’oggi”.

Così inizia, a esempio dei tanti giovani che hanno la voglia e il coraggio di investire nella propria terra, il racconto di Nicola Altieri, titolare, insieme al fratello Emanuele, dell’Azienda vinicola Fontefico o “Repubblica di Fontefico”, come a loro piace definirla.

Lo abbiamo incontrato per conoscere più da vicino la sua esperienza e di seguito riportiamo gli aspetti più salienti della nostra intervista.

Il vostro è stato un percorso lungo, fatto di continue ricerche, di approfondimenti finalizzati a migliorare la vostra formazione, sia sui metodi e sulle tecniche di produzione, che sul fronte della comunicazione e degli investimenti.

Siamo partiti facendo una decina di anni di sperimentazione, anche perché stavamo finendo i nostri studi e poi, nel 2006, siamo usciti con la nostra prima gamma di vini come il Pecorino e il Montepulciano. All'inizio è stato complicato, ma quegli anni dedicati alla ricerca sono stati fondamentali. Dopodiché abbiamo dovuto capire come funzionano i vari mercati perché noi vendiamo quasi tutto all'estero e ognuno ha delle regole precise di importazione ed esportazione, anche stabilite in base al gusto dei consumatori”.

Tra produrre il vino e riuscire a “svuotare le proprie cantine”, di mezzo c’è quindi un complesso piano di organizzazione.

Studio e ricerca sono alla base del nostro lavoro e del nostro impegno. Tu puoi puntare a produrre il vino più buono del mondo, però poi se nessuno lo sa è come se non l'avessi fatto. Noi, come piccola azienda, ci siamo impegnati con gli strumenti di cui disponiamo a far conoscere il nostro prodotto, come lo facciamo e a far arrivare questo messaggio al nostro target che sicuramente non coincide con quello di massa, perché si tratta di vini biologici e che vengono da singoli vigneti. Nella nostra bottiglia c'è scritto ‘integralmente prodotto’ e ciò sta a significare che il vino che vendiamo è tutto di nostra produzione.

Voi avete, quindi, scelto di fare del vino autoctono il vostro punto di forza.

Il vino autoctono è certamente più autentico perché si tratta di vitigni che nascono solo in un determinato posto. Noi siamo un'azienda agricola produttrice che è una cosa molto preziosa dal punto di vista del marketing territoriale. Basti pensare che qui registriamo circa 3 mila presenze all'anno di turisti appassionati, che vogliono conoscere il territorio e non si accontentano di andare nel ristorante meglio recensito di TripAdvisor. Più della metà sono stranieri che provengono da varie parti del mondo, Stati Uniti, Inghilterra, Australia, Canada, Svizzera, un po' da tutta Europa. Li accogliamo e gli facciamo fare la visita dei Vigneti, gli parliamo dei nostri vitigni autoctoni e gli facciamo vedere la produzione che avviene tutta qui in azienda. Poi li facciamo accomodare e gli facciamo assaggiare i nostri vini e in base a quello scelto, gli proponiamo un accompagnamento gastronomico sempre di prodotti del territorio. Facciamo quello che si chiama Wine Education, ma in un modo più ludico e divertente perché possono, per esempio, scegliere di farlo anche a bordo piscina​, tra un tuffo e l’altro. Il nostro obiettivo è di farli uscire da qui con l'Abruzzo tatuato nel cervello!

Le piccole realtà di provincia come Vasto hanno, quindi, tante possibilità forse non sfruttate abbastanza?

Io penso che dovremmo credere di più in quello che abbiamo e che facciamo. Dalla mia esperienza lo straniero che magari ha già visitato Roma, Venezia, Firenze e tutte le nostre città d'arte e che ha vissuto un po' l'Italia, ha però capito che sono posti fantastici sì, ma più ‘per turisti’. Loro vogliono, invece, scovare quei luoghi più genuini e veraci in cui poter godere delle vere bellezze. Capita, quindi, che chi viene in Abruzzo, dove c'è turismo ma non è ancora troppo commerciale, trovi una maggiore italianità e veracità ed questo quello che cercano.

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