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'Il Falco della Regina', il romanzo noir di Stefano Taglioli

Intervista allo scrittore sul suo ultimo lavoro letterario

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Stefano Taglioli, appassionato e fervente naturalista, guardia WWF e birdwatcher, è stato da sempre in prima linea nella cittadina vastese sui temi riguardanti la tutela e la conservazione della flora e della fauna del territorio locale.

Il 5 novembre 2018 è uscito il suo ultimo lavoro letterario dal titolo Il Falco della Regina, edito da L’Erudita Edizioni, Gruppo Perrone.

Lo abbiamo incontrato per saperne di più.

Il Falco della Regina è il tuo primo vero romanzo?

Di un certo peso, se così si può dire per numero di pagine e contenuto, sì. Ma in precedenza ho pubblicato “Il Forestiero, un racconto di uomini e balene”, un breve romanzo ispirato allo spiaggiamento dei capodogli a Vasto, e due racconti nelle raccolte “Il verso giusto” e “Il doppio”. Racconti cui sono molto legato anche se Il Falco della Regina ha richiesto ben altro impegno. Dal punto di vista della struttura lessicale, per esempio, ho usato prevalentemente la terza persona, alternata alla prima e ad una voce onnisciente. Non è stata una scelta semplice, come pure quella di non usare cognomi.

Il Falco della Regina è un volume intenso, appunto, e ha richiesto molte energie. Come sono nate idee e ispirazione?

L’idea iniziale è arrivata addirittura molto tempo fa da una frase su un manifesto del film “American Hustle”, dove era scritto che “passiamo la vita ad ingannare noi stessi: bisogna pur sopravvivere”. Fui colpito da quella frase perché le apparenze che ingannano, le recite che, volenti o nolenti, tutti recitiamo nella vita, mi hanno sempre attirato. Come pure fui colpito da una delle attrici di quel film, Mary Adams, brava e sensuale: ho pensato spesso a lei, anche se non solo, per immaginarmi Ariel, uno dei personaggi principali del libro. L’ispirazione? Beh, Il Falco della Regina non è stato un calcolato e freddo progetto a tavolino, tutt’altro. Il libro è nato (anche) grazie ai viaggi a Filicudi, in Scozia, in Grecia e in Senegal. In ognuno di questi viaggi ho raccolto qualcosa per il libro come, fondamentale più di altri per comprensibili motivi, il volo dei Falchi della Regina sulle scogliere e sul mare di Flicudi nelle Eolie.

Quali sono i temi affrontati e chi è il tuo lettore ideale?

Parto dal lettore. Di sicuro una persona senza muri in testa: muri cementati da pregiudizi e da certezze incrollabili. O, comunque, donne e uomini, che sono disposti a far vacillare questi muri anche rischiando qualcosa (o tanto) di loro. Per i temi, beh, attingo alla mia pigrizia e ricordo quello che è scritto nella sinossi del romanzo sull’ala della copertina: è un noir a sfondo ambientale, dove i temi ambientali si mischiano con richiami ad altri libri e a immagini dai quadri di Hopper, dove i rapporti fra i protagonisti (Mattia, Ariel, Irene e altri) restano come sospesi in una terra di mezzo. In definitiva una storia di alternanza e sovrapposizione fra sogni e realtà, dove nessuno è come appare o crede di essere. E le protagoniste sono così sensuali e spregiudicate da apparire, come qualcuno mi ha detto, le vere protagoniste del libro. In mezzo omicidi camuffati da incidenti, politici senza scrupoli e pericolosi faccendieri e non e tanto altro dove (quasi) nessuno è innocente del tutto.

A quale genere si può ricondurre il tuo libro quali sono i messaggi, diretti o sottintesi, che vuoi lanciare o che speri vengano colti?

Ah, nessun messaggio perché sono sempre stato contrario a ogni evangelizzazione forzata. Spunti per pensare ce ne sono: dalla difesa dell’ambiente naturale, alla circolarità della vita, all’apparenza che inganna, ma ogni lettore si farà la sua idea su questi. Se dalla lettura ne trarrà, invece, solo qualche ora di piacevole occupazione del proprio tempo va benissimo lo stesso. Il Falco della Regina è un noir, più o meno classico, con le sue atmosfere torbide.  Perché dico “più o meno”, facendo riferimento ai temi classici del noir, lo scoprirà il lettore e non posso dirlo per non rivelare una parte importante della storia. Magari sarà uno spunto per tornare a parlare del libro a lettura fatta.

Come si intrecciano le storie dei personaggi con l’ambiente naturale spesso richiamato?

Non si intrecciano in quanto la natura fa da sfondo a tutta la storia, al punto che i personaggi paiono muoversi su quello sfondo come se fossero su un palcoscenico naturale. Alla fine, rileggendolo, ho avuto la sensazione che, su quel palcoscenico, il Falco della Regina fosse anch’esso uno spettatore che, indifferente, osserva dall’alto le storie degli umani. Questo è quello che vedo io nel libro, ma la storia può essere vista anche in modo diverso dal lettore. Il libro, come spiego nella nota iniziale, è strutturato, nei tempi e luoghi e anche nei personaggi, per dare molto spazio alla fantasia del lettore. Quando scrivevo il libro avevo una traccia ben chiara in mente, ma poi, scrivendo, la storia è diventata quasi cosa viva sfuggendomi quasi di mano e prendendo vie inaspettate, come, ad esempio, nel caso di Ariel. In fondo Mattia, il protagonista (forse ...) è solo un mezzo per parlare di altro e degli altri protagonisti della storia. Ah, dimenticavo: il Falco della Regina, a scanso di equivoci, esiste per davvero ed è un bellissimo rapace che vive su alcune isole del Mediterraneo per svernare in Africa. C’è una nota naturalistica all’inizio del libro che spiega anche l’origine del suo nome, sia comune che scientifico (Falco elenorae).

Da quali certezze parti e quali interrogativi lancia il romanzo?

Per quello che ho detto prima, il dubbio è l’unica certezza che permea la storia e gli interrogativi sono, ovvio, parte del dubbio. Mattia è un avvocato pieno di dubbi a sua insaputa, se così si può dire, e il compito affidatogli nei luoghi della sua gioventù (agevolare una grande speculazione edilizia in un’area protetta che lui stesso avevo contribuito a realizzare) si rivelerà, nella circolarità della vita, altra cosa dalla sua missione originale. L’intreccio non è con la natura che, ripeto, domina indifferente sulle traversie di Mattia, ma con le vite e con la morte di altri e altre.

Qual è il legame con Edward Hopper del quale si fa spesso riferimento nel libro?

Hopper è una delle fonti di ispirazione del libro. Ho utilizzato un paio di suoi quadri, calandoli letteralmente in due scene del libro, a parte alcuni altri richiami. E’ l’artista che, per me, sa fermare il tempo meglio di chiunque altro. Il più cinematografico, al punto che Wim Wenders ha detto di lui che “guardando un quadro di Hopper si ha la sensazione che qualcosa stia per accadere, e gurdandolo dopo pochi minuti si ha la sensazione che qualcosa è accaduto”. Non sono di certo un critico d’arte: mi limito a guardare i suoi quadri e semplicemente mi godo le sue luci e le sue ombre. La frase del regista tedesco, comunque, dice tutto sul perché i dipinti di Hopper sono dei buoni suggeritori.

Quali atmosfere si respirano nel romanzo?

Come ho detto prima, sono le atmosfere classiche di un noir, scritto però da un naturalista. Questo connubio non l’ho trovato spesso nelle mie tante letture, a memoria un paio di volte. Noir, certo, ma con qualche eccezione nella trama, che, come dicevo prima, non posso svelare per ovvi motivi. Qualcuno che ha letto il libro mi ha detto che la storia pare (anche) la sceneggiatura di un film e la cosa mi ha sorpreso relativamente considerata la mia passione per il cinema. La vita non è fatta per compartimenti stagni e per muri in testa, la vita è sempre e comunque contaminazione.

Foto di Luigi Cinquina

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