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Giornata mondiale degli insegnanti. Storia di una giovane vastese

Francesca Atturio: ‘oggi ricorre anche il mio decimo anniversario da precaria’

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L’appuntamento con la Festa degli Insegnanti, promossa dall’Unesco e osservata in oltre 100 paesi, si rinnova ogni anno il 5 ottobre. In Italia venne istituita nel 1994 in concomitanza con la relativa Giornata mondiale, volta a celebrare l'apprezzamento nei confronti dell’importante ruolo educativo che assolvono per la comunità.

Peccato che le statistiche non forniscano loro veri e propri motivi per festeggiare, portando, invece, alla luce forti criticità nel sistema di istruzione italiano.

In base ai dati forniti dal Ministero e visibili sul sito web dell'OCSE, considerando i 100.000 impegnati in supplenze brevi, il totale dei docenti precari calcolati per l’anno 2007-08 e che hanno lavorato nella scuola pubblica supera le 240.000 persone.

Se a questo dato si aggiunge che l'età media degli insegnanti è di 'oltre i 54 anni' (di questi più dell'80% sono donne), viene da pensare che probabilmente la categoria necessiterebbe di ben altri riconoscimenti formali.

Non a caso abbiamo scelto di dedicare questa pagina ad una giovane professoressa vastese, Francesca Atturio, emblematico esempio della situazione di precariato e di cui quest’anno, ironia del caso, ne festeggia il decennale.

Ci racconti la sua esperienza

Oggi ricorre, oltre che la Giornata Mondiale degli Insegnanti, anche il mio decimo anniversario da precaria. Mi sono laureata in Lettere, con una specializzazione in Storia della Critica Letteraria Italiana con lode alla Sapienza. Ho iniziato subito la mia esperienza con le supplenze e così sono trascorsi dieci anni: tante scuole di diverso ordine e grado, in diversi comuni abruzzesi e tantissimi studenti incontrati che, ancora oggi, porto nel cuore.

Quali sono i requisiti fondamentali che dovrebbe possedere un insegnante?

L'insegnante, quello vero, svolge una missione, oltre che una professione; ho sempre pensato ad impartire, prima, lezioni di Vita, di Educazione, quella che a me piace definire "educazione sentimentale", poi ho tenuto conto delle programmazioni da rispettare e dei testi. Ho sempre mirato alla formazione civile dell'alunno, a plasmare la sua indole verso i principi dell'onestà, della solidarietà e dell'integrazione e dopo, in un secondo momento, ho avuto premura di rispettare quello che ci viene indicato dal ministero.

Cosa significa sentirsi ed essere un precario della scuola italiana e quale effetto ha sulla didattica e sugli allievi ?

Mi dispiace quando un insegnante precario come me viene considerato una sorta di professionista di seconda categoria, per il "semplice" fatto di non essere di ruolo; precario significa che gode di meno diritti e di meno privilegi (quei pochissimi che oramai rimangono!) economici dei colleghi di ruolo, ma non significa essere meno competente o meno preparato. Ecco, questa questione spesso destabilizza gli alunni che, invece, dovrebbero avere la certezza di una continuità didattica che, da tempo, la burocrazia farraginosa del nostro paese, non riesce più ad assicurare gettando nello sconforto noi precari, costretti a passare da una scuola ad un'altra e i ragazzi che, giustamente, reclamano "l'insegnante per sempre", quello che lo accompagna dall'inizio al termine del percorso, Umano e Didattico. Anche quando mi sono imbattuta in momenti di sconforto per un lavoro incerto e, diciamolo pure sottopagato, non ho mai pensato, mai, di farmi indietro. Al contrario ho creduto di poter essere una piccola "pars costruens" delle generazioni future che saranno gli Uomini di domani e spero mettano sempre in pratica il loro essere innanzitutto esseri umani e pensanti e poi studenti. Non a caso tutti i miei studenti, il primo giorno di lezione imparano un motto che ho coniato: "non importa quanto ho preso, ma quanto ho imparato". La nostra piccola, quanto preziosa missione non è assegnare un tre piuttosto che un otto, ma insegnare. Insegnare a pensare, liberamente, e ad essere Uomini capaci di emozionare ed emozionarsi.

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