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In tanti all’inaugurazione della Sala Convegni "Aldo Moro" in corso Italia

L’ex ministro Fioroni: “La morte dello statista ha cambiato la storia dell’Italia di oggi"

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In tanti hanno partecipato all’inaugurazione del Sala Convegni "Aldo Moro", al terzo piano degli ex Palazzi Scolastici di corso Italia, iniziato con la scopertura e la benedizione del murale dedicato ai quaranta anni dall’uccisione del grande statista.

“Moro è stato un esempio per tutti. Invito la comunità politica – questo l’appello introduttivo del sindaco Francesco Menna - ad essere coerenti e non lasciarsi attrarre dalle sirene dall’opportunismo. Individualismo e carriera a tutti i costi troppo spesso prendono il posto del far bene il proprio dovere”.

Non sono mancati, tra le fila, gli altri amministratori della città, tra cui il presidente del Consiglio comunale Mauro Del Piano, gli assessori Paola Cianci, Anna Bosco, Carlo della Penna, Luigi Marcello, i consiglieri Elio Baccalà e  Francesco Prospero, nonché l’ex sindaco Luciano Lapenna.

Presente anche il vice sindaco Peppino Forte, che così ha ricordato Moro: “ho avuto la fortuna di conoscerlo personalmente nel dicembre ‘66 quando venne a Vasto per l’inaugurazione dello stabilimento della Società Italiana Vetro. Lui, da buon democristiano, volle assistere alla messa a Santa Maria Maggiore. Volle anche ricevere una delegazione della Repubblica Italiana del Vastese, un’associazione che era nata su iniziativa studentesca senza risvolto politico ma che aveva come obiettivo quello di unire i giovani. Mi rimase impresso questo ricordo e quando lui venne ritrovato in via Caetani mi adoperai subito per esporre la bandiera a mezz’asta e far preparare il necrologio da affiggere nella città. È stata una perdita incolmabile. Il popolo si era riversato in piazza per commentare e condividere un momento così importante è triste per la nazione”.

Molta partecipazione anche per l’intervento dei ragazzi del Liceo Artistico Pantini –Pudenti, in particolare degli alunni della classe III A – sezione arti figurative, che, seguiti dalla prof.ssa Angela Roberto, hanno curato il murale presente all’interno della sala e in cui è stato raffigurato il volto di Aldo Moro accanto all’immagine della Dea bendata.

EQueste le parole che gli stessi hanno dedicato all’esperienza vissuta: “grazie per averci dato questa bella opportunità. Abbiamo avuto modo di conoscere e approfondire la storia e la vita di Moro, non solo come politico ma in particolare in qualità di professore universitario che riuscì a unire tanti studenti indipendentemente dalla loto ideologia politica”.

Fulcro del convegno è stato l'ex ministro e parlamentare Giuseppe Fioroni, che, nella passata legislatura, ha presieduto la Commissione bicamerale d'indagine sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro, cui ne è seguito il libro "Moro, il caso non è chiuso: la verità non detta", scritto insieme a Maria Antonietta Calabrò.

Fioroni, introdotto dal prof. Stefano Trinchese, pro-rettore dell'Università degli Studi "G. d'Annunzio", in un dibattito coordinato dal giornalista Rai Mariano D'Amico, ha detto: “la morte di Moro ha cambiato la storia dell’Italia di oggi. Perché i brigatisti lo hanno rapito? Perché i terroristi in generale non hanno paura di chi gestisce il potere, abituato ad essere amico del rivoluzionario. Lo rapiscono perché Moro aveva delle idee che intendeva trasformare in azione e ciò avrebbe originato un cambiamento che faceva paura ai brigatisti stessi. Moro capisce che la Prima Repubblica della fase costituente aveva finito il suo corso e si preoccupava dello scollamento che ne poteva derivare. Moro non aveva in testa di fare un compromesso storico ma era ossessionato nel realizzare un patto con gli italiani. Voleva, cioè, che la comunità nazionale arrivasse alla costruzione di una bussola valoriale per una comunità laica, che avesse una condivisione larga di ciò che è ritenuto bene e male, secondo una decisione che partisse dalla stragrande maggioranza. Moro sapeva che una comunità che non condivide più bene e male è a-valoriale e diventa espressione dell’egoismo e della furbizia di voler sempre prevaricare l’altro. Moro capì allora che c’era la necessità che tra i Comunisti e la Democrazia Cristiana si arrivasse alla condivisione di valori comuni. Moro la chiamava democrazia integrale. Egli aveva costruito, insomma, un progetto di rigenerazione del sistema democratico. Dopo quarant’anni il debito della verità è l’unico modo per dare onore alla morte di Aldo Moro. Abbiamo rivisitato tante scene e letto migliaia di carte. La congiura del silenzio di stampa e televisioni non è una congettura ma è, ormai, una prova provata. Si continua a raccontare la storia di 30 anni fa.”

Dove e come è stato ucciso Moro? Chi lo ha ucciso e quando è stato ucciso?

Contrariamente a quanto si possa pensare, l'assassinio di Moro è un vero e proprio cold case, soprattutto per certi particolari non ancora chiariti. Alla luce dei risultati delle nuove tecniche d'indagine scientifica condotte dalla commissione guidata dallo stesso Fioroni, pur essendosi messo un punto su alcuni fatti accertati diversamente da quanto la storia successiva ha fatto credere, “posso affermare ad oggi che le azioni delle Brigate Rosse non fossero eterodirette, diversamente da quanto molti continuano a sostenere”.

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