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Abruzzo in ginocchio, tra neve, black out, terremoto e la tragedia del Rigopiano

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Da ieri sera, sui nostri schermi tv si rincorrono le immagini dell’ultima grande tragedia che ha colpito al cuore l’Abruzzo e l’Italia: l’Hotel Rigopiano di Farindola è stato cancellato dalla carta topografica da un’enorme slavina precipitata sulla struttura dal Gran Sasso.

Oggi è il momento dei soccorsi, per cercare di salvare qualche vita umana, domani sarà tardi per questo e sarà la giornata del lutto e del dolore, poi si aprirà il consueto valzer delle responsabilità civili e penali.

E da ieri, davanti a queste terribili immagini, mi torna continuamente in mente il pensiero che la nostra splendida terra sia vittima di una sorta di nemesi. Per chi ha dimenticato le nozioni di storia greca, Nemesi (Nέμεσις, Némesis) era una dea della religione e della mitologia ellenica, per alcuni figlia di Zeus, secondo altri figlia di Oceano e Notte. Nemesi significa distribuzione del Fato, o anche Giustizia Divina. I Greci riuscivano a spiegare ogni cosa col concetto di Fato, ma per noi europei contemporanei di certo è un po’ più difficile credere che esista una qualche entità sovrannaturale che si accanisca su di noi per punirci.

Eppure, per l’Abruzzo, questa è stata davvero una settimana da tregenda: prima una nevicata eccezionale, paragonabile a quelle del 1956 e del 1985, che ha paralizzato l’intera regione, poi un lungo – per alcuni versi discutibile e inspiegabile – black out che ha sprofondato borghi, paesi e città in un incubo gotico che, in alcune località, dopo giorni, non è ancora finito. Senza energia elettrica, senza riscaldamento, senza acqua in diversi casi, sommersi dalla neve, è poi tornato a farsi vivo il terremoto, che da anni flagella i nostri territori. Diverse potenti scosse, ieri, hanno terrorizzato di nuovo la gente, risvegliando paure ataviche e incertezze contemporanee. E probabilmente è stato proprio il sisma a causare la valanga di Rigopiano, come se un gigante si fosse scrollato la neve dalle spalle.

Oggi, si diceva è il giorno dei soccorsi e del lutto per tutti noi abruzzesi. Ma dopo il tempo del dolore, verrà il momento delle polemiche, delle accuse, delle responsabilità: già ieri ci si interrogava sui social e sui giornali on line sulla lentezza dei soccorsi. Ci sarebbe invece da sottolineare lo sforzo immane della Protezione Civile, tutti volontari che si trovano ad affrontare disastri di ogni genere. E bisognerebbe invece porsi delle domande sulle cause amministrative di certi disastri. Ci si chieda come sia possibile costruire centri commerciali, case e strutture ricettive in posti pericolosi, soggetti ad alluvioni, frane, smottamenti, allagamenti eccetera. Frane e alluvioni sono ormai una costante del territorio regionale, e sarebbe necessaria una sana politica edilizia nelle aree a rischio per prevenire questi disastri che distruggono i nostri luoghi, causando morti e l’impiego di tante risorse economiche per finanziare la ricostruzione.

Ecco, forse alla politica occorre chiedere questo. L’Abruzzo forte e gentile asciugherà ancora una volta le sue lacrime e si rialzerà. Ma poi questa terra agra e amara pretenderà delle risposte.

                  Fabrizio Scampoli

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