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La legalità in Italia, un incontro con il magistrato Giuseppe Ayala e il procuratore Francesco Prete

L'iniziativa promossa dall'Istituto superiore Enrico Mattei per il 50° anno dalla fondazione

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Legalità e giustizia, organizzazioni mafiose, criminalità in generale, importanza del controllo sociale e degli strumenti di prevenzione, ruolo delle istituzioni, storie di uomini semplici ma dai grandi valori che hanno fatto la differenza, spesso pagando con la propria vita, e per finire le prospettive e i doveri dei giovani: sono tanti e di rilievo i temi affrontati nell’incontro di questa mattina al cinema Corso, al quale hanno preso parte il giudice Giuseppe Ayala e il procuratore capo della Repubblica presso il tribunale di Vasto Francesco Prete.

L’iniziativa, intitolata ‘Un’esperienza di legalità in Sicilia e non solo’, è tra gli eventi promossi dall’Istituto d’istruzione superiore Enrico Mattei per il 50° anniversario della sua nascita e ha visto la partecipazione di rappresentative di tutte le scuole superiori locali. In sala anche il sindaco Luciano Lapenna e i rappresentanti delle forze dell’ordine.

Al centro dell’attenzione gli interventi di Prete e Ayala, che fece parte del pool antimafia con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, quindi pubblico ministero nel maxiprocesso di Palermo e poi deputato, senatore e sottosegretario alla Giustizia. Tanti contributi anche da alunni e docenti del Mattei, che da anni lavorano sul tema legalità e hanno arricchito la mattinata con video e testi, tra cui la lettera vincitrice del Premio Libero Grassi.

Proprio con una riflessione di uno studente sul rapporto tra legalità e giustizia si è aperto l’incontro. “Qualunque sia la causa è sicuro che viviamo in uno dei Paesi con il più alto tasso d’illegalità nel mondo occidentale. La corruzione in Italia fattura 60miliardi di euro, l’evasione sui 120miliardi e la mafia supera i 140miliardi – ha esordito Ayala -. La differenza con gli altri Stati è che lì si difendono con interventi preventivi e che c’è un forte controllo sociale. In Italia quest’ultimo non ha un peso rilevante e i controlli preventivi non funzionano, perché non hanno strumenti adeguati e spesso non sono indipendenti. In Italia c’è solo il controllo repressivo della magistratura, e da qui derivano gli scontri con il mondo politico: perché la magistratura è l’unica che rompe le scatole”. Il giudice ha sottolineato che non si può pensare che il tasso di legalità venga garantito solo da forze di polizia e magistratura: “il nodo è lo stretto rapporto tra il controllo preventivo e quello repressivo”. La necessità della prevenzione è stata ribadita anche dal procuratore di Vasto, che ha insistito sul bisogno di collaborazione tra i vari organi della società e sulla formazione dei giovani.

I ragazzi devono dotarsi di quegli strumenti tecnici per prendere in mano le redini di un Paese, ha precisato Prete soffermandosi sulla delicata fase italiana: “Assistiamo a un momento di pensiero tumultuoso manifestatosi con il non voto e con il voto ai 5 Stelle. Sono forme di protesta contro chi ha ridotto il paese com’è ora e che va mandato a casa”.

Il discorso si è poi spostato sulla mafia, sul maxiprocesso e sulle figure di Falcone e Borsellino. Ayala ha raccontato gli stretti rapporti con i due giudici, iniziati con il lavoro e trasformatosi in amicizia. Anche Ayala poteva essere sulla macchina di Falcone che saltò in aria nella strage di Capaci del ‘92, perché spesso da Roma rientravano insieme a Palermo. Per questioni di tempi che non coincidevano quella volta restò nella capitale. “Falcone e Borsellino non erano due eroi, due superman, erano due uomini nell’accezione più piena e bella del termine, poi divenuti martiri. L’eredità che lasciano non è tanto legata alla morte, fermo restando che sono morti che vanno onorati, ma è l’esempio che hanno dato con la loro vita. Dobbiamo riflettere su come vivevano, nella semplicità ma guidati da grandi valori e ricchezza umana”, ha spiegato il magistrato soffermandosi su simpatici episodi di vita, per “ricordarli con il sorriso perché così erano loro”.

E ancora una piccola lezione sulla mafia: “Cosa nostra, come la mafia in generale, è un potere economico, politico e burocratico – ha precisato Ayala -. La sua peculiarità è la capacità di instaurare duratori rapporti con il potere, è una lobby che dura da più di 150 anni. Esiste per attivare un circuito perverso fatto di potere e profitto: l’uno fa aumentare l’altro e viceversa. Non c’è ideologia dietro”. Il ruolo dell’economia è fondamentale parlando di mafia: “La mafia è entrata al nord non con il tritolo ma bussando alla porta di imprenditori, qualcuno ne ha visto un vantaggio e ha aperto”.

E alla fine un incoraggiamento da entrambi gli ospiti agli studenti ad impegnarsi ed essere parte attiva della società, anche se il momento è complicato ed essere giovani ora è più difficle che in altri periodi storici.

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