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QUALE FUTURO PER LA SINISTRA VASTESE?

della redazione
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Da Maurizio Vicoli, dell'associazione ''Les amis de Robespierre'' riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta inviata alla segreteria di Vasto dei Democratici di sinistra. Il tema è: ''Quale futuro per la sinistra vastese e per il maggior partito riformista'' ''Cari Amici, nell'ultima riunione del Consiglio di Presidenza della ns. associazione, un componente ha ricordato una trasmissione di Michele Santoro il quale, alla vigilia dell'investitura di Massimo D'Alema a presidente del Consiglio dei Ministri, titolava quella puntata: ''Massimo I o Bettino II?''. Ci si riferiva, in particolar modo, all'azione di D'Alema finalizzata a legittimare se stesso, segretario di un partito post-comunista, alla guida di un paese occidentale. Di qui il suo viaggio negli USA e la visita in Vaticano per ottenere il placet di questi due mostri sacri nella storia d'Italia. Per non parlare delle rassicurazioni usate verso la grande borghesia industriale. Da questo flash-back abbiamo cercato di ripercorrere per grandi tappe la storia del craxo-socialismo: lo svecchiamento (apparente) del partito; l'eliminazione, dal simbolo, della falce e del martello sostituiti dal garofano rosso; la revisione del Concordato con la Santa Sede; lo strappo definitivo dal PCI accusato di essere un partito classista, filo-sovietico, praticamente pauperista: uno scontro frontale che si concluse nel 1984 con la vittoria di Craxi al referendum sulla scala mobile. Da qui cominciò la famosa onda lunga craxiana. Furono anni del ''trionfo socialista'': proletari, liberi professionisti, grandi imprenditori, cantanti, protagonisti del mondo dello spettacolo, preti e vescovi marciavano insieme e compatti verso l'alba di un mondo nuovo, pacificato, edonista e progressista. Era l'ottimismo della ragione. Così il ministro Gianni De Michelis, in onore del socialismo, si faceva ritrarre dentro e fuori le discoteche con splendide ragazze per dimostrare come un politico sa stare in mezzo alla gente; il ministro Claudio Martelli veniva spesso ritratto dalla satira politica con uno spinello in bocca per la sua lotta in favore della depenalizzazione delle droghe leggere a dimostrazione che la libertà individuale doveva essere inviolabile. E poi che dire delle alleanze a geometria variabile? Il PSI era sempre al governo: a Roma con la DC; negli enti locali ora con lo Scudocrociato ora con il PCI. Nasceva così la nuova immagine del socialista di fine millennio, un manager della ''politica popolare'': giacca e cravatta (quest'ultima rigorosamente rossa) con il garafono (anch'esso rigorosamente rosso) all'occhiello. Il nuovo look era il segno che i tempi erano cambiati e che la dialettica marxista di una perenne lotta di classe tra proletariato e borghesia trovava finalmente una sintesi nel craxo-socialismo! Da qui l'esaltazione di questa nuova Era storica celebrata nei congressi del partito all'insegna del lusso, dello sfarzo e di sceneggiate, scusate, scenografie a rievocazione storica. I migliori e più costosi architetti del tempo venivano mobilitati per celebrare anche figurativamente questa nuova fase del socialismo riformista. Tutto questo mentre l'inflazione, nemico storico dell'economia italiana, scendeva a livelli record e, di pari passo, saliva il debito pubblico dello Stato. Insomma un Paese dei balocchi su grande scala. Come l'onda lunga craxiana si è tristemente infranta è a noi tutti noto. Quella del leader socialista, che ostentava il colore rosso persino sulla montatura degli occhiali, fu una stagione dell'effimero che ancora oggi le nuove generazioni stanno pagando con il blocco delle assunzioni negli enti pubblici a causa di un deficit statale molto elevato. Come e non bastasse, il craxismo, dopo aver partorito, per antitesi, il bossismo leghista, ha poi preparato il terreno al suo erede naturale: il berlusconismo, con tutto ciò che ha comportato e continua a comportare. E veniamo a noi. Tutto questo lungo preambolo è servito per esprimere il timore che il virus craxiano, innestato sul genoma del berlusconismo, possa tornare a mietere vittime nella sinistra italiana. In questi ultimi mesi ci è sembrato (e speriamo di sbagliarci) che a Vasto (e forse non solo), proprio tra gli eredi di quel PCI anti-craxiano, ci si stia movendo in modo strano: la scorsa estate il Festival de L'Unità, festa di piazza per antonomasia, si è svolta in un lussuoso albergo della città dove, secondo i soliti esagerati, si sarebbero anche consumati incontri-dibattito e ''inciuci'' di stampo post- fascio-comunista; l'assemblea di zona della Quercia si è tenuta, nei giorni scorsi, in una beauty-farm cittadina; le gigantografie che appaiono sulle principali strade della città sembrano emulare il programma a slogan che, alle politiche del 2001, ha spianato la strada alla vittoria di Berlusconi... Si dirà che i luoghi in cui ci si incontra sono luoghi e basta, invece no. Spesso i luoghi hanno un valore simbolico e spesso vengono scelti proprio per il valore che hanno assunto nell'immaginario collettivo. A questo punto, cari amici, Vi invitiamo a riflettere e a tornare alle vostre origini culturali a cui un'Associazione come la nostra, liberal-socialista ma anti-comunista, riconosce grandi valori come la sensibilità e la preoccupazione verso i ceti più deboli; la lotta per abbattere lo svantaggio sociale creando pari opportunità per tutti; l'impegno per le cose concrete e non la rincorsa verso gli effimeri miti (storicamente prerogativa della Destra); l'affermazione di un nuovo umanesimo capace di affrancare l'individuo dal giogo dei bisogni... Insomma se è vero che la sinistra italiana in generale, e quella vastese in particolare, necessita della preparazione dei dirigenti DS e della forza elettorale della Quercia, è anche vero che non ha affatto bisogno di una nuova stagione craxiana visto che quella vecchia continua, da un quarto di secolo, a gravare sulla schiena di tutti gli italiani. Ora, dopo il fallimento del craxo-berlusconismo, la Sinistra è la sola speranza degli italiani, se anch'essa dovesse deludere potrebbero aprirsi scenari apocalittici per la nostra democrazia.
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