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A Vasto dal 13 al 18 settembre la mostra “Dall’amore nessuno fugge”

Una mostra itinerante che sta facendo il giro del mondo su un sistema penitenziario molto diffuso in Brasile e che ha dimostrato una maggiore possibilità di redenzione

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La mostra sarà visitabile dal 13 al 18 settembre nel fasce orarie dalle 9:00 alle 12:00 e dalle 15:00 alle 18:00 nella struttura della Comunità Papa Giovanni XXIII in via San Lorenzo n 65 a Vasto e che verrà inaugurata il 15 settembre prossimo. Per godere al meglio la visita alla mostra per qualcuno a disposizione suggeriamo di contattare Giovanna 328 55 81 766 Annalia 335 74 49 165 che prenoteranno con il responsabile della comunità.

La mostra “Dall’amore nessuno fugge” prende il nome da un emblematica frase di un detenuto di nome Josè che, dopo essere riuscito ad evadere da tutte le prigioni nelle quali era stato recluso, ha fatto I'esperienza di essere guardato in modo nuovo in una realtà carceraria diversa.

È un fatto che diviene esperienza di come si possa, recuperare I'uomo, rimuovendo il criminale": quella delle APAC.

Essere rimesso in libertà dopo tanti anni di detenzione, senza un percorso e una prospettiva diversa da quella già conosciuta e sperimentata nel crimine è un gesto irresponsabile, è un fallimento dell'uomo verso I'altro uomo.

È come se il 75% dei malati che entrano in ospedale, ne uscisse morto; è come se il l90 % di chi va a scuola, non imparasse nulla. Importa relativamente il numero dei carcerati in esubero, i metri quadri messi a disposizione, in assenza di una dedizione gratuita nei confronti del recuperando; solo I’ esperienza di essere "abbracciato" interamente può portare a vedersi restituita la dignità di persona, consapevole sì del proprio errore, ma desiderosa di nutrire la radice buona presente in lui.

Le APAC sono una novità nel sistema penitenziario, nate dall'iniziativa libera e spontanea di volontari che, affascinati dall'esperienza cristiana, introducono un metodo nuovo nel mondo della giustizia: istituti di pena senza sbarre, senza guardie carcerarie, senza armi, in cui sono gli stessi carcerati (chiamati recuperandi) a gestire la vita comune. Fondato nel 1972 dall'avvocato Mario Ottoboni, il sistema delle APAC è centrato sulla dignità dell'uomo: il condannato è consapevole del proprio errore, ma è certo che il reato commesso non definisce la sua vita, la sua dignità di uomo, i suoi rapporti, la sua capacità di amare e di desiderare la felicita.

Le ApAC hanno dimostrato di essere realtà detentive più efficaci ed efficienti, rispetto a quelle tradizionali: il rischio di recidiva è quattro volte minore e il costo di mantenimento è tre volte inferiore rispetto alle carceri comuni.

"Qui entra l'uomo, il delitto resta fuori' è la significativa frase posta all'ingresso delle ApAC: la prima preoccupazione è la valorizzazione dell'umano, a partire dall'assenza di uniformi, e numeri di matricola; il singolo carcerato è chiamato per nome. Essere chiamati per nome equivale a sentirsi persona, non un numero, non un colpevole, ma un uomo.

Questo semplice fatto unitamente alla fiducia nell'altro, al dare credito al recuperando, permette il riaccendersi della scintilla del desiderio nel cuore dell'uomo ed è allora che l’esigenza di bellezza, di verità e di giustizia" ormai insopprimibile, divampa, diventando reale cambiamento e novità: rinasce l’uomo nuovo e muore quello vecchio.

Il percorso della mostra è composto da testi, foto e video che rappresentano una sfida al comune modo di concepire la realtà delle carceri e presentare un metodo con cui arrivare ad un effettivo cambiamento.

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