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Statua della Pietà all'Addolorata restaurata, riconsegnata l'opera

Completati i lavori, su impulso del parroco di Santa Maria Maggiore don Domenico Spagnoli

redazione
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Nella cornice della Chiesa dell’Addolorata si è svolta la riconsegna della Statua della Pietà a conclusione del restauro voluto dal parroco don Domenico Spagnoli.

L’evento ha visto una massiccia partecipazione di fedeli e di vastesi affezionati.

La serata è stata introdotta dal parroco che ha richiamato la matrice culturale e spirituale del restauro. “Si tratta di un solco che la spiritualità ha tracciato nella terrena cultura e che la cultura continua a tracciare nel terreno della spiritualità – ha detto il parroco –. Tutto questo è tipico del cristianesimo che conserva la sua natura 'teandrica' (divino e umana) in cui l’umano e lo spirituale sono connessi per sempre e in modo particolarmente evidente nell’arte sacra”.

La serata è stata scandita da tre interventi: dopo il parroco hanno preso la parola il prof. Paolo Calvano per la parte storica e il restauratore Michele Massone per i passaggi tecnici del consolidamento strutturale dell’opera e della vera e propria ripulitura delle statue.

Nell’introduzione teologica e spirituale don Domenico ha ancora ricordato la fonte biblica che ha sollecitato la riflessione sul dolore della Vergine, ossia i racconti della Passione. A partire infatti dal racconto della deposizione dalla croce del Cristo morto, la immaginazione dei fedeli e dei predicatori ha integrato quel nucleo essenziale della fede e lo ha arricchito dei particolari più verosimili: per capire il messaggio cristiano occorre prendere sul serio il dolore umanissimo di Gesù e di Maria. Da qui scaturisce l’approfondimento spirituale che porta a considerare il dolore di Maria che si vede restituire il figlio morto. Se dal V secolo troviamo testimonianze artistiche della Crocifissione di Gesù accanto ai ladroni (Cfr. la Basilica di S. Sabina sull’Aventino - Roma) solo a partire dal XII secolo ritroviamo testimonianze artistiche di quel dolore particolarissimo di Maria che abbraccia Gesù deposto dalla croce. Dalla prima raffigurazione riportata nel Monastero di S. Pantelejmon a Nerezi in Macedonia (anno 1164) vi sarà una vera e propria fioritura di opere che si divulgheranno con la predicazione francescana, con il contributo della mistica renana e del testo 'Meditazioni francescane dello Pseudo Bonaventura'.

Gli interventi sono stati assimilati con facilità grazie alle diverse immagini proiettate sullo sfondo, immagini di opere d’arte, immagini della statua restaurata e dei documenti storici. Don Domenico si è soffermato poi sulla postura della Pietà che si è moltiplicata dal XIV secolo in poi, in cui la Vergine si vede riconsegnato Gesù sulle sue ginocchia. “Maria nella statua da noi custodita ha lo sguardo sul Figlio. Come ogni madre vorrebbe piangere da sola il suo dolore ma non può. Ormai Gesù non le appartiene, ormai è di tutti. Ella non può trattenersi da sola con l’Agnello immolato perché la sua morte è stata esposta, e allo stesso modo il suo dolore di madre è esposto allo sguardo di tutti. Maria è espropriata di tutto. La stessa posizione è immagine di un nuovo parto. Maria sta partorendo di nuovo Gesù. Sotto la croce aveva sentito bene: «Donna ecco tuo figlio!...ecco tua madre», ma adesso che lo riceve insanguinato, ella lo partorisce di nuovo. La donna è resa pienamente madre, madre di tutta la Chiesa. Maria infatti è resa pienamente madre in quel ricevere il Cristo morto. Se, però, nel parto di un bambino la madre esplode nella gioia e il bambino al contrario è preso dal pianto …ora dopo la croce si assiste ad un rovesciamento di prospettiva, ad un nuovo parto: il figlio nasce alla gloria ed entra nella gioia, ma la madre si ritrova nel pianto. Qui Maria è segno della Chiesa pellegrina che non ancora vede e non ancora comprende quello che sta accadendo. Sotto la croce non è più la madre a generare un figlio ma è un figlio che genera una madre totalmente dono, pienamente pellegrina con la Chiesa”.

Anche il prof. Paolo Calvano ha illustrato i documenti che attestano l’arrivo della statua a Vasto nel 1701, acquistata dalla Confraternita della Carità e della Morte. La statua, inizialmente custodita all’interno di una cappella del chiesa agostiniana (attuale concattedrale di San Giuseppe), fu poi trasferita per un cedimento strutturale della cappella, nella Chiesa di san Francesco di Paola (attuale chiesa dell’Addolorata) con il permesso di Don Cesare Michelangelo D’Avalos. Sempre dall’approfondimento dei testi si è anche confermato un intervento di valore sulla Pietà nel 1823 ad opera del pittore Gabriele Smargiassi, che è tornato alla luce proprio con l’attuale restauro.

Il terzo momento è stato curato dal restauratore Michele Massone, coadiuvato da Luana Barattucci, che ha illustrato il lavoro di consolidamento, di disinfestazione e di ripulitura che hanno restituito luminosità alla statua mettendo finalmente in evidenza le numerosissime tracce della flagellazione, dei legacci, della coronazione di spine e della crocifissione che sono stati rappresentati dalla mano dell’artista. Anche sul volto della Vergine sono finalmente visibili i particolari del volto con le lacrime. La serata ha visto una partecipazione molto interessata dei fedeli e si è conclusa con un caloroso grazie sia al dott. Sergio Caranfa, funzionario della Soprintendenza, sia ai tanti collaboratori e collaboratrici della chiesa che hanno il prezioso compito di custodia delle opere.  

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