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Ottavio Festa, la matita che scava nel delirio

All'Isla Mujeres-Osteria la mostra "work in progress" del giovane disegnatore vastese

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Visionario come Vonnegut, delirante come Burroughs, psichedelico come "Interstellar Overdrive", il personaggio tipo che nasce dalla matita del giovane Ottavio Festa è quello a cui nessun genitore vorrebbe dare in sposa una figlia. L'antieroe senza riscatto che si perde nel labirinto di un io troppo profondo e alienante per uscirne illeso.

Ventiquattro anni, studi artistici al Liceo, Accademia delle Belle Arti a Urbino, esperienze in Francia, Ottavio Festa ha presentato ieri sera al ristorante messicano Isla Mujeres-Osteria la sua mostra, una sorta di "work in progress" che si arricchirà grazie a caricature e ritratti improvvisati sul momento, di giovedì in giovedì, fino al 10 gennaio.

"Ho iniziato da quando ero piccolo - ha spiegato Ottavio Festa - e mi sono subito accorto che disegnare era l'unica cosa che mi faceva sentire veramente bene; col tempo si è aggiunta anche la passione per la scrittura e la musica, con incursioni video". Il risultato, un continuo processo creativo "in cui ogni elemento ha una sua sonorità, un suo percorso non solo visuale".

I grandi fumettisti della Bologna anni '70-'80 i suoi punti di riferimento, insieme alla scuola francese di Moebius, al secolo Jean Giraud, e all'imprescindibile influenza di Andrea Pazienza.

"A livello di tematiche - prosegue il disegnatore vastese - sono gradualmente passato dalla fantascienza all'autobiografico, fino a quello che è attualmente il mio maggior interesse, cioè lo studio dell'universo onirico introspettivo; mi piace scavare nelle parti più nascoste e oscure dell'animo umano, attraverso anche l'esasperazione sensoriale di cui molti miei personaggi sono in qualche modo infetti".

Prosegue quindi con questo originale appuntamento l'esperimento avviato dall'Isla Mujeres-Osteria che si trasforma sempre più in una sorta di bottega artigiana delle arti, come spiega il titolare, Alfredo Di Vairo: "Vengo da un'esperienza di sedici anni passati a Bologna e ho cercato di riproporre qui quella che era la logica dell'osteria emiliana, come posto non solo di divertimento e libagioni, ma come fucina e palestra di artisti di ogni genere. Il territorio vastese dimostra di avere potenzialità artistiche e creative notevoli, per sviluppare le quali però occorrono spazi che non sempre si trovano".

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