In provincia di Chieti si beve di più che nel resto dellâAbruzzo, e a farlo sono per la maggior parte maschi, italiani, senza problemi economici e con un livello di istruzione medio alto.
Eâ la fotografia che emerge dalla rilevazione sul consumo di alcol condotto dal Dipartimento Prevenzione della Asl Lanciano-Vasto-Chieti nellâambito del sistema di sorveglianza Passi, finalizzato a stimare i fattori di rischio per la salute legati ai comportamenti individuali.
Lâindagine ha preso in considerazione lâabitudine ad assumere alcol, nel periodo 2015-2018, in un campione di maschi e femmine di 1.091 unità , estratte dagli elenchi anagrafici dei residenti in provincia di Chieti, in età compresa tra 18 e 69 anni. La maglia nera arriva nella categoria dei âconsumatori a maggior rischioâ, che configura lâabitudine al consumo abituale elevato, riferita sia alle assunzioni fuori pasto sia al numero di âunità di bevanda alcolicaâ, che corrisponde a una lattina di birra, a un bicchiere di vino o a un bicchierino di superalcolico da 40 ml.
Nel territorio dellâAzienda sanitaria tale comportamento appartiene al 22,8% del campione, a fronte di un dato nazionale del 17,1% e regionale che si ferma al 15,3%. Ma le cifre restano alte anche sul fronte del consumo di alcol in generale, che contempla lâassunzione di almeno unâunità di bevanda alcolica negli ultimi 30 giorni precedenti la rilevazione, e che riguarda il 57,2% del campione, contro la media nazionale del 55,5% e quella dellâAbruzzo pari a 47,6%. Di buono, però, nel caso dei consumatori a maggior rischio, si registra la tendenza alla diminuzione, perché il 2018 si è chiuso con un 19%, dopo i picchi elevatissimi degli anni precedenti.
Sempre in questâultima categoria, a bere di più sono le persone più i giovani, soprattutto quelli tra 18 e 24 anni, mentre lâ11% del campione ha guidato dopo aver bevuto nellâora precedente almeno due unità alcoliche.
In generale lo studio ha rilevato che assumere alcol è comune a più della metà della popolazione della Asl Lanciano Vasto Chieti, che due su dieci hanno abitudini di consumo considerate a maggior rischio, e tra questi i maschi sono tre su dieci, e i giovani uno su due. Diversamente dalle rappresentazioni basate su luoghi comuni, bere non è costume che si sviluppa in contesti degradati, perché a farlo sono persone che non hanno nessuna difficoltà economica e mediamente istruite.
«Dedichiamo attenzione ed energie alla sorveglianza dei fattori di rischio - sottolinea Giuseppe Torzi, direttore del Dipartimento Prevenzione - perché mettendo a fuoco le cattive abitudini possiamo orientare meglio le azioni correttive. Nel caso dellâalcol, è importante che in particolare i medici di medicina generale prestino attenzione agli assistiti per identificare precocemente i soggetti a rischio e attivare un counseling ove necessario, ma è ugualmente importante intervenire sullâaspetto educativo, necessario per contrastare il marketing e informare correttamente sui danni per la salute. Lâalcol, inoltre, causa dipendenze gravissime e può indurre alterazioni del comportamento che possono dare origine a episodi di violenza e incidenti».