Le opere pittoriche dell'artista D. Scutece si pongono in termini di âscrittura diversamente verbaleâ. Sia nel caso che lâimmagine si realizzi con un disegno a carboncino, nudo e crudo o impastato di biacca, su carta o altro occasionale supporto, sia con pittura tonale dilagante di colori scintillanti, con velature acquee e atmosferiche in cui, talvolta, troviamo inseriti piccoli e come sperduti esseri umani, appare, ed è, ogni volta un grido, un racconto, una doglianza più o meno sottaciuta, alcuna volta in inno.
Un esprimersi ânarrativoâ, per raccontarsi come uomo innanzitutto e pur sempre come artista che non ha altra che questa capace ed efficace lingua per testimoniare la propria esistenza ed esperenzialità in un mondo divenuto babelico, instristito e volgare, rapace, alla Caino. Eâ un disegno il suo da supporre come tracciato di getto o allâimpronta, ma con chiara e precisa idea. In esso e per altri di tal genere lâautore dimentica talvolta i colori, che pure si distendono e dilagano, come detto, in altri suoi quadri, per tracciare â quale sia lâoccasionale supporto, spesso cartaceo, scelto a caso talvolta e spesso in funzione di una voluta pre-scrittura semantica â un pensiero della mente che sopravviene, un sentimento dellâanima che chiede partecipazione emotiva e immaginifica.
Le scene immaginate e dipinte si realizzano sovente ⦠on the road, in strada, agli âincrociâ, al âbivioâ, nei quartieri urbani che hanno scansioni costruttive da gabbia o prigione. La sua è denuncia e testimonianza di un âmal de vivreâ autentico, nulla affatto post-romantico, nostalgico e per ciò stesso oggi artefatto, individualmente patito ed elaborato e al tempo stesso sociale. Eâ, non di meno, poesia dâimmagine, gratificante e, per suscitata catarsi, liberatoria.
I dipinti di D. Scutece, che in termini accademici parrebbero âminimiâ e schematici nella costruzione e nella definizione delle figure, sono essenzializzati in visività per evitare distrattivi e impropri formalismi. Sâimpongono alla nostra attenzione per la sorprendente quanto impattante 'primarietà ' delle tinte, per la crudezza del segno pennellato con gesto istintivo e dispiegante, per un intuibile coinvolgimento di mano e braccia nel suo rapporto interattivo, persino âfisicoâ con tela (pavimenti, arredi â¦) e colori. La scrittura pittorica proposta è il miglior mezzo epifanico che lâautore conosce e ama. Per dire di sé, come arte vuole e sa, per essere partecipe della vita degli altri.