A meno di due mesi dal delitto di Vasto, dalla vendetta di Fabio Di Lello su Italo DâElisa (colpevole di aver provocato, il primo luglio scorso, passando con il rosso, la morte di sua moglie), è giunta la sentenza di condanna a trentâanni.
Con la condanna si spegneranno per un poâ i riflettori e, con i riflettori, la doverosa riflessione culturale su un omicidio in parte âcomunitarioâ. Già , perché mentre gli avvocati hanno atteso il verdetto, accanto a Di Lello, sul banco degli imputati, sono mancati i tanti cittadini, pezzi di comunità , che attraverso i social network, dietro lo schermo fintamente protettivo dei social network, hanno contribuito ad armare la mano del panettiere vastese. Meglio, hanno lanciato il sasso e nascosto la propria mano, secondo la miglior tradizione umana.
Hanno fomentato, aizzato, rivendicando una pseudo voglia di giustizia. à tutta colpa della rete e dei suoi tentacoli, si è detto e scritto. Ma la rete non è una realtà astratta, non è una palestra dove si esercitano fantasmi di uomini e donne in piroette lessicali. Dietro la rete câè tutto lâuomo, il suo essere ferino che dice il non detto, che spesso vomita il non detto. Câè tutto lâuomo che, ci ha insegnato Zygmunt Bauman, appaga lâistantaneità del vivere contemporaneo, lasciando da parte lâangoscia del durevole e dellâinscindibile.
Câè tutto lâuomo con il suo carico di (ir)responsabilità e di veleno, con la sua mania di esternare pensieri (pochi), opere (tante), soprattutto ricette culinarie, e omissioni (a iosa). Câè tutto lâuomo che si fa massa, che sbraita in coro, che va a caccia del capro espiatorio, che costruisce insostenibili castelli di sabbia, destinati a crollare come quelli dei bambini in riva al mare. La prima onda li porta via. Anche a Vasto, dove il mare è splendido, la prima onda li ha portati via, ma ha lasciato una morte, unâaltra morte, lâennesima morte. E un vivo che, dopo aver ucciso, dopo aver pensato di vendicare, è in carcere e non si dà pace. E tanti ultrà che hanno, momentaneamente, ritirato le bandiere (e i petardi) pronti, alla prossima occasione, a tornare in curva. Magari con un nickname, a volto coperto, dietro la rete. Ma non è colpa della rete. La rete è un mezzo, uno strumento. Dietro câè lâuomo. Sempre uguale a se stesso. Purtroppo.
Le tante bocche aperte della mitica Città del Vasto sono rimaste cucite soltanto dopo lâineccepibile intervento del Procuratore Di Florio (clicca qui per l'articolo). Invece, quelle parole, quel severo monito agli âimbecilli del webâ, meriterebbero una lunga meditazione, magari con lâaiuto delle Istituzioni, scuole comprese. Il tempo di Quaresima, per chi crede e chi no, potrebbe essere un tempo propizio, ma temo che passi come ogni altro tempo. Sempre uguale a se stesso. Purtroppo.